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6/7 Materie prime, ribassi da superdollaro e timori di recessione

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    A salvarsi sono soltanto l'oro e in parte, al suo traino, gli altri metalli preziosi.Per tutte le altre materie prime il rischio Brexit è un fattore negativo. Almeno, così lo percepiscono gli investitori: da circa una settimana le vendite stanno bersagliando anche questo comparto , che pure aveva avuto un avvio d'anno eccezionale. Il Bloomberg Commodity Index ai primi di giugno era risalito di oltre il 20% rispetto a gennaio, quando era ai minimi da 13 anni. Anche il petrolio era riuscito a superare di slancio quota 50 dollari al barile, quasi raddoppiando di prezzo nel giro di pochi mesi. Poi è iniziata l'ondata di ribassi, accompagnata da una forte volatilità che molti analisti temono possa proseguire e forse addirittura accentuarsi nel caso in cui Londra dicesse davvero addio all'Unione europea. La molla principale per le vendite finora è stato il rafforzamento del dollaro, che è inversamente correlato con le materie prime. Il comparto di solito patisce quando gli investitori sono in fuga dal rischio ed è possibile che il fenomeno si accentui se ci sarà la Brexit. Nel medio lungo termine fanno paura anche gli effetti sull'economia e sul commercio globale e quindi sulla domanda di commodities. La recessione sarebbe quasi una certezza per il Regno Unito e rischia di fare la stessa fine anche il resto d'Europa. Il continente nel suo insieme rappresenta il 15% della domanda di petrolio. Come evidenziato da Janet Yellen, tuttavia, i timori di rallentamento dell'economia si spingono ben oltre i confini della Ue.

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