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Il cambio di rotta necessario per il referendum

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L'Analisi|politica 2.0

Il cambio di rotta necessario per il referendum

  • –di Lina Palmerini

La sconfitta di Roma e Torino mette Renzi di fronte al suo avversario, i 5 Stelle. Riesce la santa alleanza dei populismi contro il Pd, ha funzionato lo scambio di voti della Lega verso Chiara Appendino. Milano “salva” il premier e l'Esecutivo tiene solo per mancanza di alternative. Ma la stabilità del Governo e del Paese diventa ora la carta decisiva per la sfida del referendum.

A Milano vince Sala su Parisi ma non basta. Lo schema che ora ha davanti il premier in vista della battaglia referendaria è molto chiaro. Uno schieramento “anti” che fa perno su Grillo, che sfrutta la massa critica dei 5 Stelle per abbattere il governo nell’appuntamento di ottobre.

Il premier ne esce male ma oggi l’esecutivo è in grado di tenere solo perché non c’è ancora uno schema alternativo delle forze di opposizione. Resta la domanda su quale strategia possa mettere in campo il premier per non perdere lo scontro finale del referendum in cui in palio – invece - c’è il governo. Gli strumenti sono tre. Il primo riguarda le misure economiche e quindi la legge di stabilità. Attraverso la costruzione di una nuova proposta di rilancio, Renzi si gioca gran parte della sua scommessa d’autunno. Il secondo è legare la riforma della Costituzione alla stabilità del Paese, alla blindatura dentro l’Europa, alla tenuta dello spread. Definirsi, cioè, come l’argine ai populismi, evitare lo scenario 2011. Resta l’ultimo strumento: rivedere l’Italicum. Ripensare il premio alla lista, per non restare schiacciato dal patto tra le opposizioni che si è vista nitidamente nel voto di Torino e di Roma.

Queste sono le tre carte che ha in mano Renzi. Ai 5 Stelle, ma anche per il centro-destra che esce sconfitto dallo schema-Milano, non basterà giocare solo sull’obiettivo di disarcionare il premier. È un messaggio che ha un suo punto di debolezza. Perché lo stop alla riforma costituzionale avrà un riflesso immediato anche a Bruxelles e sui mercati finanziari. Sbagliato liquidare questo come un argomento di propaganda renziana. E tanto più sarà consistente se giovedì dovesse passare Brexit.

Se dunque la campagna per il voto amministrativo è stata giocata senza tenere in conto la variabile della stabilità, la prossima battaglia politica sul referendum terrà dentro questo elemento. Sia per i sostenitori del “si” che del “no”. Servirà indicare lo scenario del “giorno dopo” con meno approssimazione di quanto non sia accaduto fin qui. È chiaro che le dimissioni promesse da Renzi, se dovesse perdere, diventano il cuore della battaglia d’ottobre. Lui difenderà un quadro di tenuta complessiva del Paese e ai 5 Stelle e alle opposizioni non basterà indicare il bersaglio grosso, la fine di Renzi. Servirà soprattutto indicare una rete di protezione per il Paese, spiegare come si evita il salto nel buio.

Questa è la differenza tra quel giorno di ottobre e questa mattina. Se le amministrative sono state un colpo durissimo per Renzi, per le opposizioni questo passaggio è essenziale per definire la consistenza dell’alternativa politica. La revisione della Costituzione sarà inquadrata dentro una lotta tra forze anti-sistema e anti-euro contro la stabilità conquistata e tra gli argomenti dovrà entrare anche quell’uscita di sicurezza che mette al riparo dall’avventura. E che oggi non si vede. Perché i 5 Stelle non sono disponibili ad alleanze in Parlamento e il voto anticipato non è uno scenario ragionevole né per oggi né per ottobre quando ci sarà una legge di stabilità da approvare. Senza la costruzione di questa alternativa il test amministrativo di oggi resta un segnale senza un disegno.

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