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Sei indagati per truffa al Cara di Mineo

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Sei indagati per truffa al Cara di Mineo

Gli elenchi degli ospiti al Centro accoglienza di Mineo erano «gonfiati». Tra il 2011 e il 2015 il numero delle presenze era stato falsamente aumentato, così da intascare circa un milione di euro di contributi dello Stato Italiano e dell’Unione europea.

È l’ennesimo procedimento che si abbatte sul Cara siciliano. Nel registro degli indagati della Procura della Repubblica di Caltagirone sono finite sei persone, tra le quali, il direttore del Cara Sebastiano Maccarone, Salvo Calì, presidente del cda del consorzio di cooperative capofila dell’Ati che ha gestito il centro fino a ottobre 2014, e il contabile del centro, Andromaca Varasano. Nei loro confronti sono ipotizzati, a vario titolo, i reati di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ai danni dello Stato e dell’Unione Europea. Stando agli accertamenti della polizia sarebbero stati rendicontati e corrisposti, in quattro anni, importi superiori a quelli dovuti, per un ammontare di circa un milione di euro.

Il provvedimento deriva dalle indagini attivate dalla polizia di Stato su un filone del procedimento Mafia Capitale della Procura di Roma relativo alla gara d’appalto, indetta il 24 maggio del 2014, per la gestione triennale dei servizi del Cara di Mineo per un valore di 100 milioni di euro. Questa vicenda è stata stralciata dall’ufficio capitolino ai colleghi della Procura di Catania, nel cui registro degli indagati figurano il sottosegretario alle Politiche agricole, Giuseppe Castiglione (Nuovo centrodestra) e Luca Odevaine, già imputato nel processo Mafia Capitale a Roma e accusato per fatti di quando sedeva al Tavolo tecnico sull’immigrazione del ministero dell’Interno.

Agli atti di questo procedimento risultano svariate intercettazioni telefoniche, dalle quali emergono le mire della presunta cricca mafiosa romana, di allungare i propri interessi sulla gestione triennale del centro di Mineo, che lo stesso presidente di Anac, Raffaele Cantone, ha ritenuto illegittima nel febbraio 2015. Per Salvatore Buzzi, «braccio imprenditoriale» del presunto clan di Massimo Carminati, Odevaine sarebbe stata la persona giusta. Il funzionario, infatti, entra nella commissione aggiudicatrice dopo essere stato nominato «collaboratore dell’Ufficio progettazione, gestione e rendicontazione dei fondi europei». L’obiettivo sarebbe stato quello di coinvolgere anche Castiglione, all’epoca dei fatti presidente della Provincia di Catania. Del sottosegretario c’è ampia traccia anche nelle intercettazioni di Mafia Capitale. In particolare, gli investigatori del Ros hanno captato una conversazione ambientale cui hanno preso parte, tra gli altri, Carminati e Buzzi. Il gruppo discute dell’appalto di Mineo e di arrivare a Castiglione, «cioè il vero responsabile».

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