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Lucciole per lanterne sulle sofferenze bancarie

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L'Analisi|l’analisi

Lucciole per lanterne sulle sofferenze bancarie

Scambiare lucciole per lanterne, con il rischio che sembrino davvero lanterne, con tutti i danni che ne derivano. È quello che purtroppo sta succedendo sulla questione dei crediti bancari problematici delle banche italiane, che da questione specifica da risolvere con politiche di respiro europeo e di medio periodo – una lucciola – si sta pericolosamente trasformando in rischio sistemico del sistema bancario nazionale, da risolvere urgentemente con misure straordinarie, tipo l’azionario pubblico delle banche – una lanterna. È un gioco delle ombre, ma potenzialmente molto dannoso ed irresponsabile: se si scambiano rischi eterogenei di redditività con un rischio sistemico di stabilità, le lucciole rischiano di diventare davvero lanterne, con tutte le relative tossine macroeconomiche.

Per scambiare lucciole per lanterne basta – si far per dire – scambiare un rischio redditività eterogeneo con un rischio insolvenza sistemico. In partenza sono due situazioni completamente diverse; solo confondendole in modo sistematico e ripetuto si può finire per farle coincidere. Gli ultimi due anni dell’Unione europea ci hanno dato esempi significativi di lanterne e di lucciole. Giova allora un ripasso.

Il caso Grecia è stato un evento di lanterne. Quando esiste un rischio sistemico, lo Stato deve essere pronto a diventare azionista delle banche. Anche nelle economie avanzate può ancora accadere che lo Stato sia azionista di una banca; avviene in Paesi in cui la tradizione dello Stato imprenditore non è mai morta, come in Germania; ovvero in Paesi in cui la crisi ha costretto i governi ad intervenire direttamente nel capitale delle banche, come gli Stati Uniti e il Regno Unito. In ogni caso, deve valere una regola generale: la presenza dello Stato, che nasce da una situazione di – vero o presunto – “fallimento del mercato”, deve essere disegnata in modo da evitare che il rattoppo sia peggio del buco, ovvero che i danni provocati dal “fallimento del pubblico” non siano anche peggiori.

Quindi bisogna evitare che vengano distorte le regole del gioco, comprese quelle della governance dei manager. Ma i politici sono fisiologicamente inclini alla distorsione, in quanto il loro orizzonte temporale è quello del breve periodo e il loro calcolo non si basa su valori economici, ma appunto politici, essendo l’obiettivo quello di essere eletti o rieletti. Quindi, entrando nelle banche tendono anche a peggiorare le regole del gioco. L’esempio più recente? Le regole europee sui salvataggi bancari.

Nella fase più acuta della crisi finanziaria in Europa, si è materializzato un rischio sistemico diffuso, dato anche dall’incrocio tra instabilità bancaria e instabilità da debito pubblico. L’Unione avrebbe dovuto agire da “cavaliere bianco” utilizzando il Fondo per la Stabilità (Esm) che ricapitalizzerebbe direttamente le banche in difficoltà.

Quale è l’obiettivo di un cavaliere bianco? Risanare l’azienda, in modo da poterla poi rimettere sul mercato; questo è l’input che l’Esm avrebbe dovuto poter dare al management dell’azienda partecipata. Quello che è invece accaduto è che i politici nazionali hanno preteso di continuare ad aver voce in capitolo, come poi è accaduto. La presenza della politica nazionale rappresenta di per sé un vulnus per la credibilità dell’operazione europea, in quanto fin dall’inizio è presente il rischio che la gestione della banca e la condotta del suo management venga inquinata. Quindi l’efficacia del progetto europeo aveva come condizione necessaria non solo un Esm con pieno controllo sull’assetto della proprietà e del controllo, ma anche una completa esautorazione dei governi nazionali. Purtroppo l’accordo politico che l’Eurogruppo raggiunse andò nella direzione opposta: la presenza dei politici ha continuato a condizionare, direttamente o indirettamente, le operazioni di salvataggio bancario. L’ultima prova? Le recenti polemiche in Grecia sulla “cattura” dei vertici delle “nuove banche” da parte della politica. Continuando nella metafora, l’Unione ha creato un sistema che invece di minimizzare il rischio lanterne, rischia di perpetuarlo.

Peggio potrebbe accadere oggi per le lucciole dei crediti deteriorati. I crediti ad alto rischio, nei sistemi banco-centrici, possono essere una zavorra rispetto all’obiettivo macroeconomico della crescita. Oggi, in Italia, proprio per la natura banco-centrica del sistema produttivo del Paese, la crescita dei Npl è la conseguenza della peggiore crisi economica dal dopo Guerra. Per cui esiste un legame tra bassa crescita economica e qualità del credito che, se non corretto, tende a peggiorare sistematicamente sia lo stato di salute delle banche che quello dell’economia. Quale deve essere la risposta di politica economica ad un problema di Npl?

La risposta sbagliata è stata quella giapponese degli anni Novanta: aiutare direttamente le banche, con il risultato di trasformare lucciole in lanterne, oltre che a peggiorare lo stato della finanza pubblica. L’azionariato di Stato ha peggiorato, non risolto, il problema.

La risposta giusta è stata quella svedese, sempre negli anni Novanta: distinguere in modo trasparente, e credibile le lanterne – le banche a rischio insolvenza – dalle lucciole – la zavorra dei crediti a rischio, modulando in modo diverso l’intervento dello Stato: Stato azionista per le lanterne, veicoli di mercato, indipendenti e credibili, ma monitorati dallo Stato, per le lucciole. In Svezia lanterne e lucciole si spensero in tempi e con costi unanimemente riconosciuti di successo. Il dibattito in Europa ed in Italia appare oggi purtroppo andare nella direzione opposta.

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