Italia

Fi dice no al Nazareno bis e già guarda al dopo-Renzi

  • Abbonati
  • Accedi
(none)

Fi dice no al Nazareno bis e già guarda al dopo-Renzi

  • –Barbara Fiammeri

roma

Di un nuovo Nazareno nessuno dentro Fi sente la nostalgia. Anzi, a poche ore dall’intervista di Fedele Confalonieri pubblicata ieri su «La Stampa», il commento dei big azzurri è un profluvio unanime di dichiarazioni: benissimo la ristrutturazione del partito (già in atto con il siluramento del cerchio magico)e l’avvio di una vera stagione congressuale caldeggiate dal presidente di Mediaset ma un «no» secco alla prospettiva di riavvicinamento a Renzi in vista del referendum. Del resto lo stesso Confalonieri nel manifestare il suo voler continuare a «sostenere il governo» con qualcosa che «somigli al Nazareno» ammette che Berlusconi «non la pensa così».

Persino Paolo Romani, inizialmente tra i più strenui difensori dell’accordo sulle riforme, ha ormai girato le spalle definitivamente al Nazareno. Neppure il chicchiericcio sulla diposnibilità del premier a rivedere l’Italicum suscita particolari emozioni. «Intanto non c’è il tempo per farlo entro il voto di ottobre e poi - sottolinea il capogruppo al Senato di Fi - ormai non si tratta più solo di rivedere l’attribuzione del premio di maggioranza (dalla lista alla coalizione, ndr) ma di ripensare tutta l’impalcatura».

Fi punta al colpo grosso: cancellare il ballottaggio ovvero la vera novità dell’Italicum. E per riuscirci l’unica strada è far naufragare Renzi e il suo governo sui frangifrutti del referendum costituzionale. «Renzi vuole far credere che dopo di lui ci sarà il diluvio ma è una balla - attacca Maurizio Gasparri - perchè è chiaro a tutti che se fallisce la riforma costituzionale bisogna rimettere mano alla legge elettorale visto che vale solo per la Camera e se si tornasse subito al voto ci troveremmo, chiunque vinca, senza maggioranza al Senato». Dunque quel che si va prospettando per il dopo Renzi è un governo di unità nazionale o di scopo (le definizioni abbondano) per tirare avanti fino al 2018 e nel frattempo partorire una nuova legge elettorale.

La manovra è già partita. Il caos tra i centristi di Alfano, sempre più divisi, il silenzio dei verdiniani manifestatosi facendo mancare il numero legale e mandando sotto il governo una settimana fa, sono indizi chiari. Del resto è noto che la fine di un governo comincia non appena si intravede la nascita del nuovo. E ora che quella prospettiva appare praticabile e per di più condivisa quasi da tutti - tranne i renziani di stretta osservanza e il M5s, che non a caso ieri strepitava contro il «Renzi baro» - nessuno si metterà di traverso. «Confalonieri manifesta giustamente la preoccupazione dell’imprenditore, ma in realtà è proprio la vittoria del premier che ci farebbe precipitare nel caos di un governo dei 5 stelle», sostiene il leader di Idea Gaetano Quagliariello che sottolinea come «Renzi sia riuscito nell’impresa di dividere a tal punto il Paese da far convergere i voti di destra e di sinistra sul M5s».

La Lega per ora tace. Ma c’è chi assicura che Salvini sarebbe parte attiva di un futuro governo post renziano. Fatto sta che la prospettiva di poter tornare in gioco ha galvanizzato gli azzurri, già reduci dai festeggiamenti per il siluramento del cerchio magico deciso dal blocco Mediaset-famiglia con il placet del Cavaliere. Dopo le dimissioni di Maria Rosaria Rossi da tesoriere del partito (come ricompensa per la dedizione le è stato assegnato il compito di controllare i conti del gruppo al Senato) dal San Raffaele Berlusconi ha ufficializzato ieri la nomina del fedelissimo Valentino Valentini a «capo segreteria e relazioni esterne», lasciando a Deborah Bergamini il ruolo di responsabile comunicazione del partito. Un segnale anche a quanti tra i big prefiguravano direttori postberlusconiani.

© RIPRODUZIONE RISERVATA