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redditività a rischio

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redditività a rischio

  • –Andrea Gennai

Lo shock Brexit ha contagiato i titoli del mondo finanziario e non poteva risparmiare gli assicurativi. La preoccupazione numero uno è che uno shock del genere estenda ulteriormente il periodo dei tassi a zero penalizzando la redditività delle compagnie. In un report di qualche giorno fa Morgan Stanley sottolinea proprio questo aspetto: la Brexit in sè ha limitate ricadute operative sugli assicurativi europei, l’impatto maggiore deriva dalle turbolenze sui mercati finanziari con rendimenti in caduta e allargamento degli spread. Fino a metà 2015 gli assicurativi hanno sovraperformato i finanziari perché il mercato guardava all’effetto positivo del calo tassi sul patrimonio con buoni dividendi e perché gli assicurativi non hanno hanno attraversato una crisi sistemica post-Lehman come avvenuto invece avvenuto per le banche.

Oggi i tassi a zero si fanno sentire pesantemente sopratutto sul vita. «In un ambiente di rendimenti risicati - spiega Giuseppe Mapelli, analista di Equita Sim - i clienti continuano a chiedere polizze con gestioni separate che continuano ad avere rendimenti superiori al 3%. Questo è possibile perché molte polizze hanno ancora in pancia titoli di Stato di 5 o 6 anni fa con buoni rendimenti, ma se diluisco troppo con nuovi sottoscrittori vado a penalizzare la vecchia clientela».

C’è un problema di tipo tecnico e commerciale e infatti le compagnie stanno frenando su questo business come pure sul capitale garantito. Da tempo il business si sta spostando sulle polizze unit linked. «Ma questo comporta due problemi - continua Mapelli -. Sono strumenti cari, perché di fatto sono fondi di fondi come più livelli commissionali e, inoltre, sono strumenti finanziari esposti al rischio in campo all’assicurato. Con mercati molto volatili e con il crollo di inizio anno molti si sono spaventati perché ovviamente non esiste, salvo rarissime eccezioni, il capitale garantito». Oltretutto poi sono strumenti che vanno a scontrarsi con la platea dei consulenti finanziari, tradizionalmente più abituati a collocare prodotti simili.

Nei mesi scorsi anche il Fondo monenario internazionale (Fmi) ha lanciato l’allarme intorno al comparto assicurativo. Secondo l’istituto di Washington, la mina dei tassi bassi è globale: dal Giappone, agli Stati Uniti passando per l’Europa. Quello che maggiormente preoccupa il Fondo è che il “mismatch”, vale a dire i disallinemanto che si crea tra passività delle compagnie assicurative e attività sempre meno redditizie, spinga ad assumere maggiori rischi. Già nel 2014 gli stress test dimostrarono che il settore assicurativo è vulnerabile ai bassi tassi di interesse soprattutto per quei gruppi dove è ampio il gap tra passività e attività.

Tra i big quotati in Europa, da quando è scoppiata la Brexit, Allianz è stato il titolo che ha retto meglio in campo assicurativo, seguito da Axa e poi Generali. Il mercato oggi da molto peso al rischio Paese e mette i soldi sulle realtà percepite come più sicure. «Da un punto di vista delle gestione del vita - aggiunge Mapelli - invece la Germania sicuramente è messa peggio dell’Italia perché da più tempo sconta tassi a zero mentre oggi ad esempio il BTp decennale con l’1,4% ancora garantisce un minimo di ritorno. Allianz in futuro potrebbe soffrire questa situazione anche perché ha dei minimi garantiti considerevoli».

Per quanto riguarda invece il settore danni, lo scenario appare migliore perché il comparto può fare leva sulla gestione tecnica (sintetizzata nel combined ratio). Il business è maggiormente sotto controllo una volta che ho chiara la dinamica dei sinistri. «Però - conclude Mapelli - c’è il capitolo gestione finanziaria, che vale circa la metà del business, che ha problemi forse maggiori del vita in quanto le duration sono brevi ed è molto difficile ottenere rendimenti».

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