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Renzi alle prese con l’Italicum ma il rebus è la nuova pelle del…

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POLITICA 2.0

Renzi alle prese con l’Italicum ma il rebus è la nuova pelle del ceto medio

Rivedere la legge elettorale, spostare il referendum dopo la legge di stabilità, spacchettare i quesiti per attenuare il possibile impatto dei “no”. Intorno a Renzi si muovono vari fili di trattativa con il ceto politico ma gli manca ancora il filo necessario: quello con il ceto popolare. Le grandi autostrade del consenso corrono sopra il negoziato sull’Italicum, lo scavalcano e lo rendono marginale. È vero che cambiare la legge può mettere una zeppa all’affermazione dei 5 Stelle, ricompattare il Pd, rinsaldare la maggioranza perché accontenta i partitini del centro, ma quanto vuol dire questo in termini di rappresentanza popolare? Perché il rebus di Renzi, dopo la sconfitta delle comunali, è trovare un rapporto con il popolo e soprattutto con quei ceti medi che hanno sempre deciso le battaglie elettorali.

Dicono che il premier pensi di ritrovare questa sintonia popolare con la legge di stabilità – e per questo si parla anche di spostare il referendum a dicembre – ma anche qui qualche sterzata poderosa alla tattica renziana diventa necessaria. Perché certo non può affrontare la nuova legge di Stabilità come ha fatto lo scorso anno, con l’abolizione della tassa sulla casa che non ha spostato né mosso un voto verso il Pd. È passato un anno da quelle misure economiche ma in termini politici è iniziato un nuovo tempo con l’elettorato che non si accontenta più di misure spot – e vintage – ma sembra volere quel «cambio di verso» di cui parlava proprio Renzi. Un’intuizione giusta che alludeva a una vera messa in discussione della politica dei redditi, una cura choc per diseguaglianze troppo forti create dalla crisi, divari salariali non più accettabili acuiti dal problema migratorio, dall’immobilità sociale.

Temi finiti sullo sfondo pensando che il ceto medio fosse ancora quello pre-crisi, quello dell’epoca berlusconiana a cui bastava abolire l’Ici o promettere il taglio dell’aliquota Irpef. Quel ceto, invece, sembra aver cambiato pelle, in cerca di uno spazio “vitale” non più solo di uno sconto di 80 euro. È questa comprensione che manca, la necessità di ricostruire uno status identitario – economico e sociale – per quel mondo fatto da chi non ha più certezze su alcuni punti nevralgici dell’esistenza: il lavoro, la pensione, il risparmio. E che si sente minacciato nel presente prima ancora che nella prospettiva futura.

Non basta quindi il fiorire degli scambi sull’Italicum per salvare il referendum. Anche se le ragioni di un ripensamento si capiscono e sono logiche: con le ultime comunali si è pesata la potenzialità di vittoria dei 5 Stelle – anche per l’asse con la destra – e l’Italicum apre un’autostrada a Grillo. Quindi il negoziato sta in un quadro di scelte ragionevoli ma senza un dialogo “sociale” con i ceti popolari, il ritocco alla legge elettorale potrebbe essere perfino controproducente. Perché questo negoziato ripropone il grande schema su cui oggi si sfidano tutte le forze politiche dall’Europa all’America: i partiti sistema e gli anti-sistema. E l’apertura del fronte Italicum dà un altro argomento ai 5 Stelle per descrivere il Pd come il partito che vuole conservare lo “status quo” dal cambiamento grillino. Ora Renzi accusa il Movimento di opportunismo e di aver cambiato idea sull’Italicum, Grillo fa lo stesso con il premier ma resta un rumore di fondo. Comunque vada la trattativa non scalderà un’opinione pubblica che ha a che fare con un quotidiano molto faticoso.

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