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Premio di coalizione per far saltare la «coerenza» dell'Italicum

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OSSERVATORIO

Premio di coalizione per far saltare la «coerenza» dell'Italicum

(Ansa)
(Ansa)

Il premio alla coalizione è l'oggetto del desiderio di molti. Lo vogliono Sinistra italiana, la minoranza Pd, Ncd, Udc, Forza Italia, Lega Nord, Fratelli d' Italia.

I soli a non volerlo sono la maggioranza del Pd e il M5s. In pratica, i primi vogliono le coalizioni, Pd e M5s no. Qui sta la differenza. In realtà le cose sono un po' più complicate. Il premio alla lista nella attuale versione dell'Italicum non impedisce che si formino prima del voto le coalizioni del passato. Nulla vieta, per esempio, che i partiti del centro-destra si presentino alle prossime elezioni con una lista fatta da più simboli di partito. E stato così nel 1994, come si può vedere in pagina.

Le coalizioni quindi si possono fare anche con il premio alla lista ma sono più complicate da assemblare. Lo spazio all'interno del contrassegno è di soli tre centimetri. Sono pochi per dare visibilità ai simboli dei diversi partiti. La soluzione adottata con il porcellum era molto più favorevole. Con quel sistema elettorale le coalizioni erano contraddistinte da una stringa di simboli allineati sulla scheda. Ogni partito aveva il suo. E soprattutto ogni partito aveva la sua lista di candidati. Con il premio alla coalizione si tornerebbe a quella soluzione. Sarebbe quindi molto più facile allearsi. È per questo che molti chiedono un ritorno alla scheda del porcellum.
Ma è un ritorno che Renzi fino ad oggi ha rifiutato. L'idea del premier è che le coalizioni del passato non hanno mai garantito la stabilità dei governi e la loro responsabilità davanti agli elettori. Perché dunque tornare a quel modello invece di contrastare il ruolo destabilizzante dei piccoli partiti? Che senso ha adottare un sistema elettorale che assicura una maggioranza di seggi a chi vince e allo stesso tempo consentire ai piccoli partiti di fare il bello e il cattivo tempo tenendo sotto scacco i più grandi come al tempo dei governi di Prodi e di Berlusconi? Il premio alla lista è la risposta a queste domande. Fa parte di una strategia che punta a partiti a vocazione maggioritaria e a un sistema politico con una dinamica tendenzialmente bipartitica. I partiti rappresentati non saranno solo due. La soglia di sbarramento al 3% garantisce comunque la rappresentanza dei piccoli. Ma tenderanno col tempo a essere due i partiti capaci di vincere. E chi vince governa e ne risponde agli elettori. La riforma costituzionale completa questo modello semplificando il processo legislativo e rafforzando la capacità del governo di vedere approvati in tempi certi i suoi provvedimenti alla Camera.
Non è detto che il nuovo modello funzioni come ci si aspetta. Abbiamo già detto che il premio alla lista è compatibile con la creazione di governi di coalizione. Ma il modello ha una sua coerenza ed è questa coerenza che il premier difende rifiutando un meccanismo che facilita e legittima di nuovo la formazione di coalizioni rissose e instabili. Per questo difende il premio alla lista anche se il premio alla coalizione esiste a livello di comuni e di regioni. Ma lì i suoi effetti sono neutralizzati da una forma di governo che prevede l'elezione diretta dei sindaci e dei presidenti di regione. A livello nazionale non sarebbe così anche dopo la riforma costituzionale. Infatti, nonostante l'Italicum, la forma di governo resta parlamentare.
Questo modello di governo ha sempre incontrato parecchie resistenze dentro e fuori il Pd . Dopo le recenti elezioni comunali e il successo del M5s queste resistenze sono aumentate. Qualcuno vorrebbe eliminare il ballottaggio e adottare un sistema a un turno con un premio di maggioranza non decisivo. Altri vorrebbero tornare ai collegi uninominali. I più si accontenterebbero del premio alla coalizione. La rilegittimazione delle coalizioni servirebbe a molti scopi. Costringerebbe Renzi a fare accordi a sinistra e al centro. Non più il Pd a vocazione maggioritaria ma il Pd a vocazione ulivista. Favorirebbe l'aggregazione dei partiti del centro-destra rendendo più probabile che un loro candidato arrivi al ballottaggio. E ciò viene visto come un vantaggio per il Pd. Complicherebbe la vita al M5s che di coalizioni non vuole sentir parlare.
Non entriamo nel merito di questi argomenti. Qui ci limitiamo a dire che, arrivati a questo punto, il passaggio dal premio alla lista al premio alla coalizione è una questione politicamente molto delicata al di là della sua valenza concreta. Cambiare ora sarebbe una chiara manifestazione di debolezza del premier. Gran parte della opinione pubblica percepirebbe il cambiamento come un atto di arroganza dettato dalla paura di perdere. Come abbiamo visto nei giorni scorsi il M5s userebbe con forza questo argomento per delegittimare il premier e le sue riforme. Tutte cose che Renzi sa benissimo. Vedremo quali saranno le sue decisioni. La direzione del Pd di domani potrebbe dirci qualcosa.

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