Italia

Renzi: avanti su Italicum e referendum

  • Abbonati
  • Accedi
Politica

Renzi: avanti su Italicum e referendum

Matteo Renzi (LaPresse)
Matteo Renzi (LaPresse)

Roma - Avanti tutta, senza tentennamenti. Sul referendum costituzionale come sull’Italicum. Così Matteo Renzi si presenterà domani alla direzione del Pd dove inevitabilmente saranno protagonisti Brexit e la strage di Dacca. Due eventi che nella loro diversità fotografano la drammatica complessità di questa fase storica. E sarà probabilmente attorno a questa premessa che ruoterà la relazione del premier segretario. La stessa direzione del partito del resto, che si sarebbe dovuta tenere una settimana fa, è slittata proprio a seguito del la vittoria del leave, a conferma che l’esito del voto britannico ha prevalso, almeno sull’agenda, sulla sconfitta subita dal Pd alle amministrative.

I temi interni però non potranno che essere al centro della relazione che già oggi, nell’intervista a Sky, Renzi in parte anticiperà. A partire dal referendum e dal pressing per una modifica dell’Italicum che di giorno in giorno si sta sempre più intensificando. La minoranza Pd si presenterà all’appuntamento in divisa da combattimento. Ormai non si accontenta più della legge per disciplinare l’elezione dei senatori che prima delle elezioni amministrative ha tenuto banco per settimane. L’obiettivo adesso è scardinare l’impianto complessivo dell’Italicum perchè – come ha detto nei giorni scorsi Miguel Gotor – «tra la cosmetica e una legge che garantisce davvero maggiore rappresentanza preferiamo la seconda strada». La posta in gioco è il «sì» della minoranza al referendum sulla riforma costituzionale. «C’è un pezzo del gruppo dirigente che ha timidezza nello spiegare le riforme. Naturalmente chi le condivide di meno le spiega di meno», chiosava ieri il capogruppo Pd alla Camera Ettore Rosato, confermando la ritrosia della minoranza a sposare la causa referendaria.

La palla ora è a Renzi. Che paradossalmente ha trovato in Beppe Grillo il suo principale alleato. L’attacco frontale al premier su una eventuale modifica della legge elettorale («Renzi baro, cambia le carte in tavola per paura di perdere» ) gli fornisce munizioni sufficienti a respingere l’attacco all’Italicum. Almeno per il momento.

Nel frattempo però il premier-segretario metterà mano al partito. La direzione di domani rappresenta il primo step ma il nuovo organigramma si definirà solo nelle prossime settimane, prima comunque dell’assemblea nazionale che dovrebbe tenersi a fine luglio. E se Francesco Boccia chiede di anticipare all’autunno il congresso Pd, il governatore della Toscana Enrico Rossi conferma di essere pronto a candidarsi per la segreteria e lancia la proposta di un «ufficio politico» che consenta una gestione «unitaria del partito». Il suo omologo emiliano Stefano Bonaccini definisce poi i paletti: «Io credo che Renzi debba costituire un nuovo gruppo dirigente al vertice del partito e penso che lo farà nelle prossime settimane», anticipa il governatore dell’Emilia sottolineando che il punto non è tanto che «il premier sia anche segretario del suo partito, una formula che ricorre in tutta Europa. Il tema è avere vicino persone che si occupino di più del partito».

Al momneto l’ipotesi più plausibile è quella della nomina di un vicesegretario unico. In pole position è il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina, reduce dalla vittoria di Sala a Milano. Un’ipotesi che rischia di acuire le tensioni non solo con i bersaniani (Martina era uno dei più vicini all'ex segretario) ma anche con la corrente dei Giovani Turchi del ministro della Giustizia Andrea Orlando e del presidente del Pd Matteo Orfini.

© RIPRODUZIONE RISERVATA