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Una deroga per la Zona economica speciale

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Una deroga per la Zona economica speciale

  • –Tiziano Uguccioni

Sono ormai diverse le voci che reclamano, con insistenza, la realizzazione di una Zona economica speciale (Zes) all’interno dell’area che ha ospitato Expo 2015. Queste zone hanno l’obiettivo di attrarre investitori, soprattutto esteri, interessati ad operare in un ambito territoriale nel quale possono fruire di incentivi per la realizzazione degli investimenti iniziali; di agevolazioni o esenzioni fiscali; di deroghe alla regolamentazione sui contratti di lavoro; della disponibilità di immobili e terreni a canoni di locazione ridotti e utenze a tariffe agevolate.

Si tratta in sostanza di zone franche di seconda generazione poste all’interno di specifici comparti nei quali vengono eliminate, per un certo periodo, determinate imposte e sono semplificati i requisiti burocratici ed i tempi necessari per fare impresa.

Già esistono a livello mondiale (soprattutto in Cina) circa 2.700 free zone. Nella sola Europa sono attualmente presenti circa 70 Zes o aree similari. La Polonia, che ne ha 14, ma esistono Zes (di vari tipi e con declinazioni diverse) anche in Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca; Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Lituania, Lettonia, Malta. Olanda, Portogallo, Romania, Slovenia, Spagna e Gran Bretagna.

La creazione di una Zes non è tuttavia particolarmente semplice né tantomeno scontata.

In primo luogo la Zes deve essere obbligatoriamente istituita con una legge nazionale che disciplini in maniera puntuale le procedure, le condizioni e le modalità di costituzione della zona stessa nonché la tipologia delle attività ammesse ed escluse.

Nel rispetto delle reciproche competenze tale normativa provvederà poi a demandare alla Regione territorialmente interessata il compito, sia di definire il perimetro di operatività della Zes, sia di governare i rapporti con i detentori delle aree coinvolte.

A fronte dei benefici concessi, che potranno essere parametrati ai fatturati aziendali, le imprese stesse dovranno obbligarsi a mantenere sull'area Zes la propria attività per un determinato periodo nonché ad assumere la quasi totalità del proprio personale tra i residenti nell’ambito regionale o nei comuni immediatamente limitrofi.

Per quanto invece concerne la concreta e quotidiana gestione della Zes la stessa sarà poi affidata - sempre su iniziativa regionale - ad un società pubblica o con capitale misto pubblico privato.

La funzione di questa società dovrà poi essere quella, fondamentale, di individuare il piano di attività della Zes (per esempio individuando un tema specifico); le procedure necessarie per l’insediamento delle nuove imprese; i requisiti di ammissioni delle imprese nella Zes; la definizione delle modalità di concessione o vendita delle aree ricomprese nella Zes; la progettazione e la costruzione delle infrastrutture eventualmente necessarie per lo sviluppo della Zes; la progettazione e la realizzazione delle opere pubbliche eventualmente utili per lo sviluppo della Zes; la promozione della Zes verso gli investitori esteri; la supervisione di tutte le attività svolte nella Zes.

Da ultimo la verifica sull’attività svolta nella Zes potrà poi venire delegata ad un ente istituzionale terzo che accerterà il numero di imprese insediate, l’occupazione creata, il volume d’affari e l’entità dei benefici consuntivata.

È inteso che tale strumento legislativo potrà essere effettivamente efficace solo nel caso in cui lo stesso preveda – al di là degli esoneri e delle agevolazioni fiscali – un sistema operativo maggiormente favorevole rispetto a quello ordinario rappresentato da procedure amministrative rapide e certe.

L’approvazione di una legge ad hoc non è però sufficiente ai fini dell’istituzione della Zes. Le agevolazioni concesse nelle Zes potrebbero infatti configurarsi quali aiuti di Stato e, come tali, essere vietate dall’articolo 107 del Tfue salvo i casi particolari ivi previsti. Lo Stato membro può tuttavia chiedere al Consiglio una deroga in ragione di particolari circostanze.

Quest’ultimo problema, di estremo rilievo, può essere evidentemente risolto solo dalla parte politica che - facendo anche riferimento agli obiettivi di crescita della recentemente costituita “Macroregione Alpina” (di cui fa parte l’Italia unitamente ad Austria, Francia, Germania, Slovenia, Lichtenstein e Svizzera) - ben potrebbe potrebbe ottenere, con particolare riferimento all’area Expo, il nulla osta da parte della competente Commissione Ue.

In conclusione - come da molti auspicato - la realizzazione di una Zes nell’area Expo appare un modo particolarmente adatto per attirare nell’ambito territoriale in questione investimenti esteri da parte di grandi gruppi internazionali che molto spesso hanno difficoltà ad investire in Italia perchè spaventati dall’ingente carico fiscale e, soprattutto, dalle farraginose procedure burocratiche che rendono oltremodo difficoltosa l’insediamento e lo sviluppo di una attività imprenditoriale.

L’incremento occupazionale e lo sviluppo economico conseguente a detti investimenti andrebbero, con il relativo indotto, a compensare abbondantemente le perdite che andrebbe a subire l’erario (e che al momento riguardano entrante inesistenti) in ragione dei benifici fiscali all’impresa insediata nella Zes.

Avvocato amministrativista

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