Italia

Alfano affronta i senatori «ribelli»

  • Abbonati
  • Accedi
(none)

Alfano affronta i senatori «ribelli»

Nervi tesi in casa Ncd. Il leader Angelino Alfano cerca di ricompattare i suoi difendendo in direzione la scelta di restare al governo: «Siamo nel posto giusto». Ma le fibrillazioni si sprecano. E c’è attesa oggi per l’incontro convocato alle 20 con i senatori. Perché è il Senato - dove i centristi sono più determinanti per la maggioranza e guidano commissioni chiave come Lavoro e Giustizia - il luogo dei dissapori. Si sonderanno gli umori, si tasterà il polso della situazione.

Gli animi sono surriscaldati (l’inchiesta Labirinto che vede coinvolto il deputato Antonio Marotta non giova) e le posizioni distanti. Ci sono i “governativi”, come la ministra della Salute Beatrice Lorenzin, convinti con Alfano di dover continuare l’esperienza di governo a fianco di Matteo Renzi. Ci sono gli “scissionisti”, come il senatore Roberto Formigoni, alcuni dei quali tentati dal ritorno in Forza Italia. E ci sono quelli che elogiano il modello Milano del centrodestra unito, come il capogruppo alla Camera Maurizio Lupi, senza chiudere a un sostegno esterno all’esecutivo.

In mezzo c’è la partita della legge elettorale: senza il premio di coalizione, fanno notare i malpancisti, restare accanto al Pd è una strategia suicida. Dopo i rumors che lo volevano pronto a minacciare la crisi di governo se l’Italicum non cambierà, Alfano cerca di stemperare i toni: «Noi abbiamo votato la legge elettorale e non rinneghiamo quel voto. Abbiamo detto che secondo noi funzionerebbe meglio con il premio alla coalizione ma non faremo mai ricatti perché siamo assolutamente convinti che il governo, che abbiamo sostenuto lealmente, ha ottenuto dei risultati». Il ministro dell’Interno cita il Jobs act, gli investimenti in sicurezza, il sostegno alle famiglie. Attribuisce a Ncd la veste di «centrodestra della responsabilità in risposta a chi voleva portare l’Italia nel baratro». Soprattutto, richiama la necessità di «fronteggiare uniti quella parte di populismo estremista che ha formato un nuovo tripolarismo. Qualunque sarà la nostra scelta in futuro o saremo rinnovatori o non avrà senso una presenza popolare».

L’idea che Alfano continua ad accarezzare è quella di cambiare nome al partito e battezzare già nelle prossime settimane una nuova forza moderata che punti a ottenere più del 10% alle politiche. Ma gli scettici sono molti. La riunione con i senatori, a partire dal capogruppo Renato Schifani, ieri assente alla direzione, si preannuncia difficile. Il presidente della commissione Lavoro, Maurizio Sacconi, ha detto la sua in una lettera: ricomporre le fratture nel centrodestra, contando sul fatto che «Silvio Berlusconi potrebbe essere capace di scelte generose facendo prevalere “cuore e pancia” rispetto al piccolo calcolo della immediata opportunità politica». Insomma: il modello Milano, con un ritorno alla «responsabilità repubblicana» del patto del Nazareno. Ma, nonostante le aperture recenti di Fedele Confalonieri, la strada di un Nazareno bis è osteggiata in primis dagli azzurri. Convinti che soltanto dalle ceneri del governo Renzi, dunque dalla vittoria del no al referendum, passi il futuro della destra. Non è un caso che nel messaggio ai coordinatori di Forza Italia lo stesso Berlusconi, che oggi sarà dimesso dal San Raffaele, li abbia esortati a mobilitarsi al massimo nella creazione dei comitati per il no.

© RIPRODUZIONE RISERVATA