Italia

La crescita frena, deboli fiducia e consumi

  • Abbonati
  • Accedi
(none)

La crescita frena, deboli fiducia e consumi

  • –Claudio Tucci

ROMA

L’Istat prevede un rallentamento nel ritmo di crescita nel breve termine: l’indicatore composito anticipatore dell’economia italiana «ha evidenziato un’ulteriore decelerazione» (e ciò in assenza di una quantificazione dei possibili effetti dell’esito del referendum del Regno unito); confermando così una tendenza «in atto» che prosegue «da inizio anno».

A pesare verso un rischio al ribasso delle stime è innanzitutto l’evoluzione del clima di fiducia delle famiglie, che «è peggiorato nel secondo trimestre dell’anno» (e ad aprile le vendite al dettaglio, misurate in volume, hanno registrato una variazione congiunturale nulla). Ma segnali meno buoni arrivano anche dai consumi: qui le attese di inflazione degli operatori «non evidenziano orientamenti molto differenti dal recente passato - scrive l’Istat -. Oltre la metà dei consumatori continua ad aspettarsi prezzi al consumo stabili nei prossimi dodici mesi, mentre tra i produttori di beni di consumo le indicazioni di possibili aumenti nel breve periodo rimangono molto limitate». E «una fase di debolezza» sta interessando pure il settore dei servizi: a giugno «il clima di fiducia delle aziende nei servizi di mercato e del commercio ha evidenziato un’ulteriore flessione».

La nota mensile sull’andamento dell’economia italiana diffusa ieri dall’Istituto di statistica conferma una fase di crescita moderata dell’Italia, con alcuni segnali in chiaro scuro. Sul fronte lavoro, a maggio, per il terzo mese consecutivo, è proseguito, in positivo, un miglioramento dell’occupazione (+0,1% su aprile, pari a +21mila occupati), anche se a un ritmo più contenuto (si sta scontando l’effetto “assestamento” dopo il boom di contratti fissi sottoscritti a dicembre per via della decontribuzione piena, ridotta da gennaio al 40%).

I nuovi posti sono essenzialmente rapporti dipendenti (a tempo indeterminato e a termine), mentre per gli autonomi prosegue la contrazione, dovuta all’operazione pulizia delle false collaborazioni e partite Iva inaugurata con il Jobs act. Il clima è tuttavia tiepido e soprattutto variegato tra i settori produttivi: a giugno le aspettative degli imprenditori sulle tendenze nelle assunzioni per i successivi tre mesi sono «in peggioramento nei servizi e nelle costruzioni, stabili nella manifattura, in aumento nel commercio». E sempre a giugno sono peggiorate le attese delle famiglie sulla disoccupazione. Dati altalenanti anche sul fronte imprese: ad aprile l’attività produttiva nell’industria al netto delle costruzioni ha registrato un incremento congiunturale (+0,5%), trainato dalla dinamica positiva dei beni intermedi e di consumo (rispettivamente +2,2 e +1,1% rispetto a marzo); per contro, però, si sono registrati dei risultati lievemente negativi per i beni di investimento (-0,1%) e un calo più marcato per l’energia (-1,5%).

A livello internazionale si conferma una frenata dell’economia statunitense (in parte legato alla contrazione degli investimenti fissi non residenziali); e il rallentamento delle economie emergenti continua a condizionare i flussi del commercio mondiale. Dal canto suo, l’Area euro ha chiuso il primo trimestre con una crescita congiunturale dello 0,6%, con prospettive stabili (ma le indagini si sono state svolte prima del referendum inglese).

L’Istat rilascerà la stima vera e propria, per l’Italia, sul secondo trimestre a ridosso di Ferragosto; per ora si sottolinea “prudenza”, ma da inizio anno l’indicatore composito anticipatore dell’economia italiana punta verso il basso, pur mantenendosi al di sopra della soglia zero. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, si dice comunque «molto ottimista» sui fondamentali della nostra economia: «Bisogna sfruttarli, spostando le risorse e gli investimenti nel lungo termine». Più preoccupato il sindacato, secondo cui «il rallentamento dei consumi e il raffreddamento del clima di fiducia delle famiglie e delle imprese suonano come campanelli d’allarme», è la risposta di Guglielmo Loy (Uil). Il punto è che si è di fronte «a una crescita moderata e tendente a contrarsi - sintetizza Maurizio Sacconi (Ap) -. E quindi occorre una deregulation molto più spinta per liberare la propensione ad investire ed assumere».

© RIPRODUZIONE RISERVATA