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Le mani della mafia sugli appalti di Expo

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Le mani della mafia sugli appalti di Expo

  • –Sara Monaci

MILANO

L’Expo di Milano torna nel mirino della procura. Dopo un anno dall’apertura dell’evento universale (durato da maggio a ottobre 2015) e dopo due dall’avvio della prima inchiesta giudiziaria per corruzione (nell’appalto per le vie d’acqua), stavolta il pool guidato dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini mette sotto la lente le infiltrazioni mafiose negli affidamenti dei lavori per la realizzazione di alcuni padiglioni stranieri. Il nucleo Tributario della Gdf di Milano ieri ha eseguito 11 ordinanze di custodia cautelare (7 in carcere e 4 ai domiciliari) nei confronti di 11 persone che gravitano intorno, a vario titolo, al consorzio edile Dominus, guidato da Giuseppe Nastasi (finito in carcere) e amministrato dal padre Calogero Nastasi (finito ai domiciliari), a cui la Fiera di Milano, tramite la sua controllata Nolostand, ha affidato alcuni lavori in subappalto, tra cui quelli in Expo di allestimento dei padiglioni di Francia, Qatar, Guinea e dello sponsor Birra Poretti, oltre che per lo smontaggio delle strutture.

Il giro di affari per la Dominus è di 18 milioni, su 20 totali che la Nolostand ha fatturato in tre anni. L’accusa per tutti è di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari, appropriazione indebita e riciclaggio. Oltre alle custodie cautelari, il gip Maria Cristina Mannocci ha permesso il sequestro di circa 5,4 milioni e due immobili, che rappresenterebbero il nero creato con fatturazioni false (anche grazie alla complicità di società slovacche, slovene e del Liechtenstein) e poi parzialmente utilizzato per finanziare la cosca mafiosa della famiglia di Pietraperzia (Enna).

Le valigette piene di soldi

Il “nero” fatto a Milano sarebbe stato in parte trasferito in Sicilia, nelle province di Palermo e Caltanissetta, utilizzando degli “spalloni” in viaggio con valigette piene di soldi in pezzi da 500 euro. Lo dice lo stesso Nastasi in una intercettazione: «Contanti da 500 euro belli da vedere e belli da toccare». La figura centrale delle indagini è proprio Giuseppe Nastasi, imprenditore del settore fieristico che, insieme ad altri soggetti che fungono da prestanome, commette una serie di reati tributari e appare in rapporti molto stretti con Liborio Pace (arrestato), con cui è socio, già imputato per appartenenza alla famiglia mafiosa di Pietraperzia, che dalle indagini risulta complice nelle attività di riciclaggio.

«Nastasi e Pace - si legge nell’ordinanza - si avvalgono di prestanomi sia per la gestione delle società operative sia per l’amministrazione delle società cartiere, cioè società utilizzate per fare le fatturazioni». La ricostruzione degli inquirenti è ad ampio raggio. Nell’ordinanza si sottolinea anche che Giuseppe Nastasi è sposato con Laura Antonella Bonaffini la cui zia paterna Caterina Bonaffini è sposata con Manno Francesco, apparentato alla ’ndrangheta di Pioltello e condannato a 9 anni di reclusione.

La negligenza negli appalti

La Nolostand, controllata dalla Fiera di Milano (società quotata e controllata a sua volta dalla Fondazione Fiera di Milano, ente gestito dal Comune di Milano e dalla Regione Lombardia) è stata messa in regime di amministrazione giudiziaria, perché ritenuto dagli inquirenti lo strumento più efficace e chirurgico per «sanare» la situazione e ripulire la società.

Tecnicamente, dal punto di vista penale, la Fiera di Milano e la Nolostand non sono implicate nelle indagini. «Non ci sono risvolti penali per l’ente fieristico. La Fiera è un ente privato che può fare affidamenti diretti. Inoltre nel subappalto si possono fare affidamenti diretti, mentre c’è una società pubblica (Expo, ndr) a cui è stato consentito fare un affidamento diretto senza bandire una gara - spiega Boccassini -. Ma qui siamo nell’ambito delle riflessioni politiche che si possono aprire, non dei reati». Prima ancora della politica, gli inquirenti qualche riflessione l’hanno già fatta per conto loro. Ne parlano chiaramente sottolineando la «scelta sbagliata dei fornitori» e di «negligenza e sciatteria, elementi che favoriscono le infiltrazioni», aggiunge Boccassini.

Ad esempio alla Nolostand, si legge negli atti dell’inchiesta, «non si sono chiesti perché trattassero con persone diverse dall’amministratore delegato Calogero Nastasi», in violazione del codice di Fiera Milano. Per gli inquirenti inoltre la figura di Calogero Nastasi, valutando luogo di residenza in Sicilia e attività svolte, poteva far sorgere il sospetto di essere solo un prestanome. Si legge ancora che sarebbe stata «sufficiente una consultazione delle visure camerali della Dominus e delle sue consociate». Negli uffici della Fiera erano peraltro arrivate «lettere che indicavano Nastasi come soggetto mafioso», ma la Nolosand, spiegano i magistrati, gli aveva fornito comunque un ufficio dentro la sua struttura, negli spazi della Fiera. Sotto la lente degli inquirenti ci sono anche gli appalti cosiddetti Tpc1 e Tpc2, per la realizzazione del Centro Congressi e dell’Auditorium di Expo. Qui si cerca di capire se venne realizzato un raggruppamento di imprese, nella fretta di portare a termine i lavori, tra Nolostand, Siam e Fiera Congressi.

I contatti con la Nolostand

Nastasi e Pace avevano «quali interlocutori privilegiati Enrico Mantica in qualità di direttore tecnico e ex ad di Nolostand, e Marco Serioli, amministratore delegato». Quando quest’ultimo lascia la carica, si affrettano a capire chi arriverà e con chi dovranno poi parlare. Si legge inoltre che «Nastasi e Pace seguono attentamente gli avvicendamenti interni a Fieramilano...e nel luglio 2015 riescono a farsi ricevere dal nuovo ad». Le conversazioni sono state intercettate. È Mantica che dice a Pace: «Il problema è che anche Expo dovevano tenerla...poi è arrivato Cantone e li ha messi tutti in fila». Pace risponde che «Fiera la tengono sempre al coperto perché comunque gli interessi...in questo momento Fiera la valuto un’altra Alitalia...che prende tutti i piaceri della parte politica...». In questo dialogo si fa riferimento probabilmente al fatto che Fiera era indicata, durante la cantierizzazione del sito di Expo a inizio 2015, come possibile affidataria dei lavori sui padiglioni. Era in effetti attesa una norma di legge ad hoc. Ma con le inchieste in corso venne fermata. «La battaglia per la legalità non deve fermarsi mai a tutela di cittadini e istituzioni, e sosteniamo ogni azione degli organi dello Stato», ha dichiarato Giuseppe Sala, sindaco di Milano, fino allo scorso anno commissario unico di Expo. Intanto le indagini proseguono. Questa è solo la prima fase.

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