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Zanda: «L’Italicum si può cambiare ma partiti divisi»

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legge elettorale

Zanda: «L’Italicum si può cambiare ma partiti divisi»

«Il problema in effetti c'è. Negli altri Paesi europei i partiti della tradizione conservatrice-popolare e quelli della tradizione progressista-socialista uniscono le loro forze contro i populismi. Mentre ai ballottaggi di giugno abbiamo assistito al comportamento innaturale di un centrodestra che ha fatto confluire i propri voti sul M5S». Il capogruppo dei senatori democratici Luigi Zanda interviene nel dibattito sulle possibili modifiche alla legge elettorale appena entrata in vigore. «Non ritengo l'Italicum intoccabile – dice -. Il problema è trovare una maggioranza in Parlamento favorevole a modifiche all'Italicuum che garantiscano ugualmente la formazione di una maggioranza di governo e che rappresentino nella misura più ampia possibile l'elettorato ».

Il premio alla coalizione invece che alla lista può essere una soluzione condivisa?
Modificare l'Italicum, ripeto, non è un tabù. Ma per farlo bisognerebbe avere le idee molto chiare sui cambiamenti da introdurre e sulle maggioranze che li approverebbero. La situazione al momento è questa: i collegi uninominali a doppio turno o a turno unico li vuole solo il Pd. L'Italicum così com'è lo difende il M5S e la parte maggioritaria del Pd. La stessa parte maggioritaria del Pd, al momento, rifiuta infine il premio alla coalizione da alcuni parlamentari della nostra minoranza, da centristi e, per ora, da Fi. Il ritorno alle coalizioni è in effetti caldeggiato da molti in funzione antipopulista, come Eugenio Scalfari che porta ad esempio le coalizioni “stabili” della Prima Repubblica. Scalfari ha ragione, faccio una sola osservazione: nella Prima Repubblica la Dc aveva alleati politici del calibro di La Malfa, Malagodi, Saragat, Spadolini, Nenni… Purtroppo personalità così non ci sono più. La Dc e i repubblicani rimasero alleati leali per decenni, mentre il Pd nel 2008 si è coalizzato con Di Pietro e nel 2013 con Sel NEL 2013, e a pochi giorni dalle elezioni entrambe le coalizioni non esistevano più.

Secondo la minoranza del suo partito il “combinato disposto” tra Italicum e riforma costituzionale porta ad una distorsione autoritaria del sistema…
Non sono d'accordo. Costituzione e legge elettorale sono collegate, ma restani su due piani diversi. La Costituzione del '48, che è in vigore, è stata abbinata a leggi elettorali iperproporzionali e a leggi elettorali maggioritarie come era il Mattarellum. Né vale il ragionamento che l'autoritarismo deriverebbe dal fatto che con la riforma è la sola Camera dei deputati a dare la fiducia al governo. Il Senato non è mai stato pensato come un controllo in più: Camera e Senato hanno sempre avuto la stessa maggioranza sino al Porcellum, voluto da Berlusconi, la malattia che ha mandato in cortocircuito il sistema. La riforma costituzionale su cui sono chiamati gli italiani ad esprimersi in autunno, per altro, è largamente condivisa nelle sue linee generali anche da chi la contesta: fine del bicameralismo perfetto e istituzione di un Senato dei territori, attribuzione di poteri allo Stato su grandi reti ed energia, riduzione dei parlamentari e abolizione dei rimborsi ai gruppi regionali. Non è vero che vengono meno le garanzie: proporre il referendum abrogativo è più facile, le leggi di iniziativa popolare sono rese più semplici, e il presidente della Repubblica è eletto da una maggioranza più ampia cosicché nessun governo potrà eleggersi il “suo” Capo dello Stato. Le modifiche costituzionali ancira da fare sono altre. Per esempio, serve un adeguamento della Carta alle nuove realtà anche istituzionali europee.

Ha sbagliato Renzi a personalizzare il referendum legando ad esso le sorti del governo?
Quello sulla personalizzazione è un dibattito riduttivo. Lo dico anche a Massimo D'Alema: se dopo due anni di lavori parlamentari e dopo sei letture che hanno approvato le riforme la volontà del popolo dovesse essere quella di bocciarle, sarebbe il Parlamento intero ad essere sfiduciato dagli elettori e non solo il presidente del Consiglio.

E gli scenari post-Renzi?
È uno sport da Transatlantico. Nelle condizioni in cui si trova l'Europa, nella situazione economica italiana e globale, con i rischi del terrorismo e con la difficoltà in cui versano le democrazie occidentali, l'Italia può sperare di risolvere i suoi problemi solo con la stabilità politica. Oggi mettere la stabilità a rischio è un delitto contro l'interesse nazionale. Tutti gli indicatori ci dicono che la crisi economica si è arrestata e che è iniziata la ripresa. Ma per uscire dal tunnel serve ancora tempo. Fermare questo processo per giochi di Palazzo sarebbe irresponsabile.

Chi si dovesse schierare per il No al referendum è fuori dal Pd?
Non parlo mai di scissione. Ma certo è che, così come non votare la fiducia al governo, anche tenere sul referendum una linea contro la maggioranza del partito senza tenere conto delle conseguenze per l'Italia sarebbe un atto grave.

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