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Dall’Economist un «assist» al percorso riformatore del premier…

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Dall’Economist un «assist» al percorso riformatore del premier Renzi

LaPresse
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C’è una differenza tra le copertine sull'Italia di qualche anno fa e quella di ieri dell'Economist. L'attacco del settimanale anglosassone di 5 anni fa, durante la bufera sui titoli sovrani e lo spread, nasceva da un giudizio – pesante – sull'inadeguatezza del governo italiano. Inadeguatezza nel gestire il sistema politico, finanziario, economico. E nel percorso riformatore necessario per non bloccare l'intero treno europeo. Si metteva all'indice, insomma, una crisi che stava tutta dentro i nostri confini e che minacciava pericolosamente la tenuta dell'euro e dell'Europa.

Quella che è apparsa ieri, al contrario, cerca una via d'uscita per l'Italia e chiama in causa, invece, le regole europee sulla gestione della complicata crisi bancaria italiana. In sostanza, offre un assist al premier Renzi nella ricerca di una soluzione – con fondi pubblici – per salvare il risparmio italiano che non è un mondo a sè ma l'anello di congiunzione con il consenso popolare sulla moneta unica. Il rischio, in sostanza, è che una crisi di fiducia italiana sull'euro avrebbe l'effetto di travolgere tutti. E’ qui che l’Europa è chiamata a un ruolo di “tenuta” delle opinioni pubbliche.

Soprattutto perchè, fuori dalla porta, a raccogliere la disaffezione italiana verso l'Europa, ci sono i 5 Stelle. Il partito, cioè, che soffia più forte contro l'Unione e contro la moneta. È questo il crinale in cui si sporge pericolosamente un autobus rivestito del tricolore e guidato da Renzi che illustra la copertina di ieri dell'Economist.

Se insomma fino a qualche anno fa il settimanale inglese veniva citato dalle opposizioni politiche italiane contro il Governo in carica, questa volta c'è un ribaltamento dello scenario a cui ci avevano abituati. Questa volta si difende il percorso riformatore di Renzi, con il traguardo finale della riforma costituzionale. Ed è invece l'opposizione di Grillo che l'Economist individua come il pericolo politico che rischia di mandare in fumo la costruzione della moneta.

Un avvertimento per la Germania della Merkel che, con le sue rigidità nella trattativa sul salvataggio delle banche e sulle regole del bail in, rischia di aiutare. Con un inevitabile contraccolpo anche sul sistema creditizio tedesco messo alle corde dal peso dei derivati mentre la gran parte delle sofferenze bancarie italiane sono un'eredità della recessione.

Il senso ultimo di questo scenario è la spinta a trovare una soluzione flessibile seguendo la linea del premier che l'Economist ritiene sia nel giusto. Un'analisi che coincide con quella di molti giornali italiani. E che fa un “salto” nella valutazione di quanto regole finanziare ed europee debbano essere più strettamente connesse al consenso popolare senza il quale l'euro muore.

Riflessioni meno tecniche, più “democratiche”, fortemente condizionate da Brexit. Si sentono forti gli echi del “leave”, della tigre che ha cavalcato il partito euroscettico Ukip – alleato dei 5 Stelle in Europa – e che ha mandato in tilt l'intero sistema anglosassone. Leadership cadute e soprattutto bufera sui mercati come quella che si sta consumando sui fondi immobiliari inglesi. E, infatti, se il pullman con il tricolore è in bilico, nella copertina è disegnata l’auto inglese che vola già verso il burrone. Conseguenze di cui anche l'Economist si è sentito responsabile facendo - giorni fa - un'autocritica per le sue posizioni pro-mercato non spiegate con sufficiente efficacia.

La novità vera - battezzata dal settimanale - è che ora si deve uscire dai numeri, dalle tecnalità e mettere in primo piano la politica intesa come ascolto delle ragioni del consenso. Un appello - ultimativo - al necessario ancoraggio popolare dell’Europa nel momento in cui la Commissione Ue – e la Germania – si apprestano a somministrare una cura al credito dell'Italia.

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