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Pa, da superare l’«uguaglianza» in versione burocratica

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l’analisi

Pa, da superare l’«uguaglianza» in versione burocratica

L’assenteismo non è ovviamente in tutti gli uffici pubblici, ma ha raggiunto dimensioni che non sono fisiologiche, come non è fisiologico il fatto che in un’organizzazione da tre milioni di persone i licenziamenti disciplinari per assenze ingiustificate siano meno di 100 all’anno. Una messa a punto delle regole condita con le sanzioni per responsabilizzare i dirigenti, allora, può offrire strumenti nuovi a un fenomeno che danneggia l’immagine di tutta la Pa. Per riuscire davvero nell’impresa, però, la riforma deve affrontare l’altro dato patologico della nostra amministrazione pubblica: in una realtà che affianca assenteisti e stakanovisti, spesso privi di mezzi reali per svolgere al meglio i loro compiti, un malinteso e burocratico principio dell’uguaglianza pone a tutti gli uffici le stesse regole, a partire dai limiti al turn over, e a tutti i dipendenti trattamenti economici misurati solo dall’inquadramento, cioè da un fattore che spesso dipende più dall’anzianità che dal merito, e non dalla qualità del lavoro individuale. Il danno dei premi di produttività spalmati su tutto il personale è doppio, perché oltre a distribuire soldi immeritati toglie risorse per incentivare davvero chi se lo merita. Contratto e testo unico del pubblico impiego sono l’occasione giusta, forse l’ultima, per rimediare.

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