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Corruzione e ‘ndrangheta piegano l'economia calabrese

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Rapporto Unioncamere-Istituto Tagliacarne

Corruzione e ‘ndrangheta piegano l'economia calabrese

(Agf)
(Agf)

In Calabria libera concorrenza e sicurezza del mercato sono piegate da corruzione e ‘ndrangheta, vale a dire le due facce di una stessa medaglia criminale.
Questa volta a dirlo non è un'indagine giudiziaria ma il curatissimo rapporto Unioncamere Calabria e Istituto G.Tagliacarne presentato oggi a Lamezia Terme. Il Rapporto viene alla luce in un momento piuttosto complesso per la regione. Dopo anni di recessione, nel 2015 la ricchezza prodotta a livello regionale è sostanzialmente stazionaria (valore aggiunto a prezzi correnti Calabria +0,9%; Italia +1,3%); le imprese con fatturato stabile o in flessione sono circa il 90%, gli occupati diminuiscono dell'1,4% (Italia +0,8%).

Le risposte date dalle 1.200 imprese disvelano uno scenario di un'economia vulnerabile ed esposta a comportamenti devianti. Il 36,6% dei reati di matrice economica ufficialmente denunciati in Calabria (e deve essere tenuto nel debito conto il fatto che in molti preferiscono non denunciare) riguarda le frodi e i delitti informatici (in linea con la media nazionale).
A colpire, però, è quel 36,4% dalle forme spia della presenza di criminalità organizzata (minacce, estorsioni, usura). Seguono, poi, i furti in esercizi commerciali che si attestano al 12,6% dei reati economici ed i reati di ricettazione che costituiscono il 6%.

Secondo le imprese calabresi – e il dato non di discosta da quello italiano – la corruzione è la patologia che maggiormente affligge il sistema economico (61,2% degli intervistati). La seconda posizione è occupata dal riciclaggio (Calabria 28,5%, Italia 13,2%) che, per natura, è la conseguenza di altri reati economici e di altre attività illecite operate non solo sul territorio. Questo dato, spiega il rapporto, indica come la regione sia interessata da una pluralità di fenomeni illegali posti in essere dalle cosche attraverso metodi strutturati, nel quadro di un circuito perverso che si autoalimenta. Seguono frodi finanziarie (Calabria 24%, Italia 25,7%) e lavoro sommerso (Calabria 22,6%; Italia 21,2%). Le estorsioni e l'usura sono citati dal 6,8% di imprese calabresi, per lo più in provincia di Vibo Valentia.

Se la corruzione è l'ambito di illegalità maggiormente percepito, i lavori pubblici (Calabria 62,9%; Italia 59,6%) e l'edilizia (Calabria 44,3%, Italia 49,7%) sono i settori in cui, secondo le imprese calabresi, le regole di mercato sono maggiormente alterate.


Le imprese calabresi che hanno percepito (direttamente e indirettamente) forme di illegalità, prepotenze e intimidazioni tali da limitare la libertà di impresa sono il 32,9% (Italia 20,6%). Una quota elevatissima – spiegano i ricercatori – se si considera che, in una economia come quella calabrese, quasi un terzo delle imprese agisce sul mercato operando anche in ragione di fattori esterni all'economia reale. Per il 38,5% di imprenditori calabresi, le estorsioni si traducono in richieste di denaro (Italia 20%). Il fenomeno è maggiormente rilevante nelle province di Vibo Valentia (47%) e Reggio Calabria (40%), nel settore primario (41,1%) e delle costruzioni (41,9%). Non si tratta tuttavia dell'unica forma di racket; piuttosto, nel contesto calabrese, va segnalata l'imposizione di forniture (Calabria 33,3%; Italia 14,8%) e di personale (Calabria 19,2%; Italia 14,3%).

Con riferimento all'esperienza degli imprenditori calabresi, il 18,3% ha avuto esperienza, diretta o indiretta, di episodi di racket e usura. Percentuali molto elevate che indicano come l'economia reale regionale sia ampiamente caratterizzata da forme brutali e coercitive di alterazione delle regole, al punto tale che secondo il 34,7% degli intervistati, il volume di affari di imprese aumenterebbe in assenza di tali fattori, sottolineando come estorsioni e usura determinano direttamente un depauperamento dei potenziali economici ed occupazionali del tessuto produttivo locale.

Nel quadro di un circuito perverso, l'illegalità economico-finanziaria altera il funzionamento del mercato prioritariamente attraverso il riciclaggio nel mercato immobiliare (Calabria 33,8%; Italia 24,3%). Gli investimenti non produttivi sono la seconda modalità di alterazione del mercato secondo le imprese calabresi (Calabria 29,3%; Italia 27,3%). La terza modalità di distorsione dell'economia locale in ragione della presenza di illeciti finanziari, sono gli investimenti non destinati alla competitività (Calabria 26,2%, Italia 19,6%).
In un contesto economico strutturalmente debole, fiaccato da numerosi anni di crisi economica, un'ampia quota di investimenti è ritenuta – dalle stesse imprese – non produttiva e/o non destinata alla competitività, impedendo lo sviluppo strutturale dell'economia e la conseguente ripresa sostanziale della crescita. la presenza di illegalità finanziaria, generando un'eccedenza di risorse non produttive, causa innanzitutto un'azione corruttiva (Calabria 42,9%, Italia 33,3%).

r.galullo@ilsole24ore.com

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