È tutta in salita, e dall’esito non scontato, nonostante la sentenza della Corte di Strasburgo sull’ex funzionario del Sisde Bruno Contrada, la strada giudiziaria per la “revisione” della condanna a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa che ha intrapreso l’ex senatore Marcello Dell’Utri, detenuto nel carcere romano di Rebibbia. Lo spiega la Cassazione nella sentenza 28676 depositata ieri dalla Quinta sezione penale nel verdetto che motiva il “no” al ricorso straordinario - ai sensi dell’art. 625 bis cpp - con il quale la difesa di Dell’Utri, facendosi forte della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo su Contrada del 14 aprile 2015, chiedeva alla Suprema Corte di revocare la condanna definitiva emessa dagli stessi “ermellini” il nove maggio 2014, quando l’ex braccio destro di Silvio Berlusconi si era già “rifugiato” in Libano.
In particolare, la Cassazione sottolinea che ricorsi del genere devono essere fatti sollevando l’incidente di esecuzione davanti alla Corte di Appello competente, quella di Palermo nel caso di Dell’Utri, e se sono dichiarati inammissibili si deve ricorrere alla Suprema Corte. Invece Dell’Utri, dopo il parere negativo della Corte palermitana del novembre 2015, aveva lasciato perdere l’incidente di esecuzione e si era direttamente rivolto agli “ermellini” con il ricorso straordinario. Per la Cassazione questa via non è “percorribile”.
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