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Movimento alla prova della Costituzione

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Attualità

Movimento alla prova della Costituzione

Chiara Appendino e Virginia Raggi forse non lo sanno, con i problemi che hanno. Dalle loro politiche potrà dipendere non solo la qualità di vita dei cittadini di Torino e della degradata capitale: ma anche l’idea degli italiani sull’opportunità di affidare al loro movimento il governo del paese. Sembra quasi uscire, dalle elezioni amministrative, una inedita forma di bipolarismo: in un polo quasi una bad company, con le due coalizioni che hanno dominato la politica nazionale negli ultimi vent’anni. Nel voto di giugno, all’opposto, la speranza di una rigenerazione della politica.

Questa è una lettura emotiva, quindi superficiale. Non tiene conto della ampiezza della consultazione amministrativa di giugno; della presenza sulla scena di un governo nazionale forse un po’ appannato, ma tutt’altro che inerte e remissivo; del referendum costituzionale. Ma un governo nazionale targato Cinque stelle è un’eventualità che il voto del 19 giugno rende concreta, e di cui è doveroso prefigurare l’impatto, interno e internazionale.

Sul piano politico, la prima considerazione riguarda la forza assorbente sui governi nazionali del contesto europeo, capace di ammortizzare anche spinte che sul piano interno appaiano divaricanti. L’esempio calzante è quanto avvenuto in Grecia nel 2015: l’arrivo al governo di una forza radicale, e il trionfale successo da questa ottenuto con un referendum potenzialmente dirompente, non hanno praticamente lasciato traccia. La solidamente traballante costruzione europea nulla può fare nei confronti di governi nazionali che propugnino una verifica popolare del rapporto con l’Europa e la sua moneta: ma questa possibilità è preclusa all’Italia dalla lungimirante visione dei costituenti, che esclude le relazioni internazionali dagli argomenti da sottoporre al giudizio degli elettori. Non è da temere quindi una certa ambiguità dei Cinque stelle sul tema: a Bruxelles con gli eurousciti di Nigel Farage, altrove assai più tranquilli. Là dove non si spinge la lunga mano delle politiche europee, il Movimento Cinque stelle si caratterizza per una sorta di radicalità etica, un po’ visionaria, con spunti di pauperismo populista: ma con utilità almeno psicologica in tempi di corruzione dilagante e assuefazione al clientelismo.

Dubbi maggiori si concentrano sul terreno istituzionale. Se l’inerzia dolosa dei partiti rispetto al dovere di attuazione dell’articolo 49 della Costituzione rende non perseguibile l’assenza di democrazia interna all’interno delle formazioni politiche, la questione cambia radicalmente quando la negazione di diritti e l’uso di pratiche finanche espulsive investano i titolari di incarichi istituzionali e comunque pubblici. Soprattutto quando all’origine delle investiture vi sia un voto di popolo, come nel caso di sindaci, o un’investitura costituzionale, come nel caso di ministri o ancor più di capi di governo. Tra l’altro, la recente esperienza del predecessore di Virginia Raggi attesta della tentazione contagiosa in tutti i partiti di sottomettere il voto degli elettori alle proprie convenienze di comunità politica.

Per chiarezza: quando Raggi esprime disponibilità a prendere atto del volere espresso , riguardo il suo mandato , dai propri elettori, si muove sul terreno della ovvietà costituzionale. A patto che elettori siano quelli , numerati e datati, che l’hanno votata. Non le minoranze misteriose e incontrollate che si manifestano attraverso consultazioni di tipo virtuale. Il giuramento sulla Costituzione di un presidente del Consiglio o di un ministro dovrà essere interpretato, ad opera del custode della costituzione, alla stregua di un impegno a rigettare vincoli esterni su quei mandati. Ancora: la sottoscrizione da parte del sindaco Raggi di un obbligo al pagamento di una sanzione pecuniaria in caso di inosservanza delle direttive del movimento istituzionale rievoca le non rimpiante dimissioni in bianco praticate dai partiti all’alba della Repubblica.

Un singolare destino istituzionale circonda la nostra Costituzione lungo la Seconda repubblica: quello di essere stiracchiata da capi di governo, divenuti tali grazie alla fiducia delle camere, fino ad essere interpretata alla stregua di un ordinamento ipermaggioritario e presidenziale. Il tutto in via di fatto e sulla base dei rapporti di forza politici. Un’idea estesa e singolare di costituzione materiale, che nel caso del Movimento Cinque stelle diverrebbe addirittura confliggente con quella formale, e quindi incostituzionale .

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