
L’operazione Jobs act «penso che in gran parte sia stata un successo». È il convincimento del presidente Inps, Tito Boeri, espresso a margine di un’audizione al Senato. «Effetti importanti», attribuibili «non solo agli incentivi ma anche alle tutele crescenti». L’anno scorso «c’è stato un forte aumento dei contratti a tempo indeterminato, con l’impennata a fine anno per ottenere gli sgravi pieni. Poi, come era possibile immaginarsi, c’è stato un calo, rispetto però al 2015», spiega Boeri a chi gli chiedeva di commentare la frenata registrata, dallo stesso Inps, per i posti fissi. «Il saldo resta comunque positivo e sembra che il numero dei contratti a tempo indeterminato a fine anno sarà stabilizzato». Una variazione “zero” che però non segna un passo indietro. «È stato fatto quindi un grande scalino nel 2015 e nel 2016 ci si va stabilizzando a quei livelli, più alti, non siamo tornati al 2014. Era difficile d’altra parte immaginare che continuassero a crescere - dice Boeri sempre con riferimento ai contratti a tempo indeterminato - anche perché l’economia italiana non sta brillando». Insomma «dire che si è tutto vanificato non è vero, c’è stato un grande cambiamento».
Senato acceleri capacità di trovare più risorse sulla poverà
Nel riordino delle prestazioni assistenziali previsto dal Ddl povertà appena approvato dalla Camera, si dovrebbero trovare «fonti di finanziamento per una misura universale (tipo reddito minimo) di contrasto alla povertà». Lo rileva il presidente dell’Inps, Tito Boeri, nel documento presentato in commissione Finanze del Senato in occasione dell’audizione sul disegno di legge di riordino degli sgravi per i figli a carico. Per Boeri il Ddl sulla povertà, prevedendo il riordino solo sui nuovi trattamenti ed escludendo le prestazioni che non siano di natura prettamente assistenziale, «potrà nella migliore delle ipotesi, creare spazio per il finanziamento di uno schema universalistico di contrasto alla povertà solo nel medio-lungo periodo». Quindi data la «forte crescita della povertà in Italia negli ultimi 8 anni, questo notevole ritardo non può che scaricare l’onere degli interventi di contrasto alla povertà sul riordino dei trattamenti a favore dei nuclei famigliari. Di converso, se il Senato dovesse modificare la legge delega sulla povertà, accelerando la sua capacità di reperire risorse (ad esempio operando il riordino anche sui trattamenti in essere) per misure di contrasto alla povertà, questo ridurrebbe fortemente il costo di misure redistributive che intervengano sugli assegni familiari».
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