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Siviero, l’intelligence italiana rivaluta lo 007 dell’arte

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«monument man»

Siviero, l’intelligence italiana rivaluta lo 007 dell’arte

Rodolfo Siviero. (Fotogramma)
Rodolfo Siviero. (Fotogramma)

L’intelligence italiana restituisce dignità a Rodolfo Siviero, il più esperto cacciatore di opere d’arte e beni culturali con ben 3.000 opere d’arte tracciate durante la razzia nazista e recuperate dopo la seconda guerra mondiale. La sua lunga attività di “monument man” di straordinaria e spregiudicata abilità, già racconta nel 2013 dalla storica dell’arte Francesca Bottari, con bibliografia e documenti di archivio, nel libro «Rodolfo Siviero. Avventure e recuperi del più grande agente segreto dell’arte» per Castelvecchi, si arricchisce di nuovi dettagli grazie all’indagine condotta sempre dalla Bottari nelle carte più segrete e negli archivi militari, oggi resa pubblica sul sito dell'intelligence italiana.

A Siviero si deve il ritrovamento di centinaia di capolavori depredati dai nazisti in Italia dal 1938 al 1945 e dispersi o trafugati dal dopoguerra alla sua morte, nel 1983. Ma sulla storia di Siviero, nonostante abbia poi ricoperto dal dicembre 1944 la carica di capo dell’Ufficio recuperi di beni trafugati e sia stato protagonista di rocamboleschi rinvenimenti, puntualmente riportati dalle cronache italiane, vi è sempre stata un’ombra confermata dal fatto che Siviero - si legge sul sito degli 007 italiani - abbia ottenuto la pensione dello Stato italiano solo da morto, dopo averne fatta richiesta per anni.
La sua vita condotta all’insegna della segretezza, oltre che di una pervicace ostilità verso ogni appartenenza politica, gli ha procurato scarse simpatie trasversali.

Un uomo votato all’arte
Siviero (Guardistallo-Pisa, 24 dicembre 1911 – Firenze, 26 ottobre 1983) nasce come spia. Dallo spoglio dei diari si ricostruisce come, dalla metà degli anni Trenta, la sua rete di conoscenze politiche e diplomatiche consenta al giovane Siviero di proporsi come giornalista all’estero, forse proprio per missioni a scopo propagandistico del regime fascista. È Galeazzo Ciano, ministro per la Stampa e la Propaganda, che lo appoggia. Potrebbero essere questi i mesi, infatti, in cui Siviero si accosta concretamente all'intelligence militare. Dal 1937 alla fine del '38 il giovane toscano è inviato dal SIM (il Servizio Informazioni Militare, nato nel 1925 come erede della struttura informativa del regio esercito) in missione segreta in Germania. A far cosa?

Rodolfo Siviero davanti alla Danae di Tiziano, trafugata da Cassino nell'ottobre 1943, recuperata nel 1947

“Tuttora - rileva Bottari sul portale dell’Intelligence italiana - appare impossibile ricostruirne con precisione l’incarico”. La sua stessa testimonianza, raccolta in alcuni diari e poi tramandata nella scarsa bibliografia, appare vaga e contraddittoria. Di certo in un memoriale che scrive poco prima di morire c’è un accenno al fatto che i piani di conquista nazisti prevedevano molto precocemente: «il rastrellamento nei paesi occupati delle opere d'arte e del materiale culturale e storico». Informazioni sicuramente apprese durante la sua attività in Germania. Nel dicembre del 1938 Siviero è espulso dalla Germania come ‘persona non gradita' e torna a Firenze.

In Italia scrive - nei suoi diari - di aver preso fin «dal 1940 contatti con movimenti antifascisti» e di aver organizzato «con altri esponenti della cultura il sabotaggio di acquisti illegali di opere d’arte in atto da parte di Hitler e Göring a Firenze e in altre città». Eppure anche questo passaggio biografico appare non chiaro: è un agente segreto ormai bruciato o continua a lavorare nei Servizi con altre missioni?

Tornato in Italia la sua adesione giovanile al fascismo si esaurisce, fino a condurlo sul fronte opposto. A Firenze, organizza e dirige un nucleo clandestino che in collaborazione con gli alleati e i partigiani svolge una rischiosa attività spionistica e di documentazione, grazie alla quale, subito dopo la liberazione, buona parte del patrimonio esportato ha fatto ritorno in Italia.

Un’enorme quantità di opere d'arte e oggetti vari di alto valore storico – oltre che archivi, biblioteche, preziosi documenti – giacevano ancora, dopo la guerra, nei nascondigli o nelle raccolte private del Reich. Per quasi trent’anni il detective, poi divenuto funzionario dello Stato italiano con l’incarico speciale di recuperare i beni trafugati, ha perseverato con successo nella sua ricerca. Grazie alle conoscenze maturate in Germania e alla rete di collaboratori è riuscito a tracciare i contenuti di convogli nazisti in partenza per il Nord, zeppi di quadri e statue sottratti ai musei, sorvegliati in segreto dai suoi uomini. Gli alleati e i partigiani erano messi al corrente dagli informatori addestrati da Siviero sulle rotte dei camion, sulle destinazioni dei treni, sui nascondigli dove i tedeschi ammassavano i capolavori italiani.

“Conoscere le mete di questi trasporti significherà un domani poterli riportare a casa. La documentazione che ha raccolto in quegli anni con metodica perizia ha fatto sì, unita a quella raccolta dagli alleati, che della gran parte delle opere trafugate non fossero cancellate le tracce” documenta Bottari.

“Galatea e Pigmalione” di Agnolo Bronzino confiscata da Hitler e Goering dalla collezione Barberini nel 1944, recuperata da Siviero nel 1947

La collaborazione con gli alleati
Dal settembre del 1943 e per tutto il ‘44 Siviero collabora con gli alleati e con la resistenza partigiana coordinando un gruppo di uomini per pochi ma fondamentali scopi. Il nucleo di Siviero si propone di contrastare le ruberie tedesche e controllare le attività del Kunstschutz (un ufficio apparentemente istituito dai nazisti a Firenze per arginare la dispersione di capolavori, ma sostanzialmente nato per attivarne l'esportazione illegale); scoraggiare il più possibile altri acquisti illeciti e trafugamenti di opere d’arte in musei, collezioni private e chiese; tenere sotto osservazione, impedire, ritardare o, quanto meno, pedinare i convogli che trasportano verso nord materiale artistico italiano; intercettare e comunicare ogni movimento legato alle suddette operazioni illegali; scongiurare i bombardamenti sui mezzi di trasporto avvisando gli angloamericani del loro prezioso contenuto. E tutto questo mentre la guerra, che sembra conclusa con la caduta del Fascismo, infuria nel modo più disumano.

Il patrimonio trafugato
Alla metà del '44 ferve l’attività di ricostruzione dei monumenti e di conteggio dei danni inferti al patrimonio culturale. Danni che vanno assai al di là dell'immaginabile. Dalla liberazione e per tutto il '45 l'assetto istituzionale italiano in difesa delle opere d'arte e dei monumenti si profila e si definisce.
“La storia personale di Siviero, e in particolare la sua documentata attività come informatore degli alleati e capo di un gruppo di partigiani dediti a ostacolare le razzie tedesche, portano a escludere una compromissione con il regime di tenore così grave – scrive Bottari. - Sappiamo poi che il controspionaggio partigiano controllava con scrupolo i suoi uomini; e dagli archivi della Resistenza l’attività di mediazione e informazione operata di Rodolfo dal 1943 emerge in diverse circostanze”.

L'Efebo di Selinunte, trafugato dalla mafia nel 1962 dal Municipio di Castelvetrano e recuperato da Siviero nel 1968

A partire dal 1945 Rodolfo Siviero a capo dell’Ufficio recuperi partecipa in prima persona al ritrovamento dei beni trafugati da nazisti e stoccati nei nascondigli altoatesini durante l’occupazione. Dal 1946 il suo ruolo istituzionale si precisa meglio e gli viene affidato un ufficio interministeriale per i recuperi, in nome del quale egli avvia le prime missioni in Germania, accreditato presso le autorità americane di occupazione, per trattare le restituzioni degli innumerevoli opere italiane ancora mancanti all’appello. I successi messi a segno sono moltissimi. Il più spettacolare è l’aver ottenuto, nel 1948, la modifica dell’articolo 77 del Trattato di pace firmato a Parigi nel 1947 dalle potenze europee, grazie alla quale l’Italia può negoziare la restituzione delle opere d’arte acquistate in modo proditorio dalle alte cariche naziste prima dell’armistizio.

«L’accordo Adenauer De Gasperi ratifica definitivamente il successo di Siviero, cui viene affidata, quello stesso anno, la Delegazione italiana per le restituzioni, un’istituzione interministeriale che l’ex agente segreto e paladino a oltranza della difesa del nostro patrimonio artistico dirigerà fino alla sua morte, superando indenne, se pure con grande fatica, le tante bufere burocratiche, amministrative, politiche e mediatiche che ne hanno sempre accompagnato il meritorio lavoro» scrive Bottari.

Tuttavia negli anni dell’epurazione, rileva il sito degli 007 italiani, all’ex spia fascista è progressivamente negato il credito culturale. «Quando riporta in Italia il Discobolo rapito da Hitler o la Danae di Tiziano (trafugata da Cassino nell’ottobre 1943 e recuperata da Siviero nel 1947) finita in dono a Göring, Galatea e Pigmalione di Agnolo Bronzino – confiscata da Hitler e Göring dalla collezione Barberini nel 1944, recuperata nel 1947 - o ritrova l’Efebo di Selinunte rubato nel 1962 dalla mafia, i risultati del suo lavoro, quanto più sono spettacolari, finiscono per rinvigorire l’immagine dell’uomo ambiguo e sfuggente» conclude la storica dell’arte. Immagine che ora l’intelligence italiana restituisce più nitida e più straordinaria che mai.

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