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Renzi: stabilità a rischio se vince il no

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Renzi: stabilità a rischio se vince il no

roma

Matteo Renzi è sicuro che al referendum prevarranno i «sì». Che nel derby tra cambiamento e mantenimento dello status quo, la maggioranza degli italiani si schiererà a favore della riforma costituzionale. Ma il premier lancia anche un avvertimento. Un’eventuale vittoria del «no» provocherebbe «instabilità politica», la «distruzione della prospettiva di crescita» e, stando ai sondaggi, il «rischio» che il M5s «possa andare a guidare il Paese». È la prima volta che Renzi si pronuncia così apertamente sulle conseguenze politiche di una bocciatura del ddl Boschi. L’occasione è l’intervista al network statunitense Cnbc nella quale Renzi torna anche a parlare della sua eventuale uscita di scena. Il tono non è quello perentorio di qualche mese fa quando anticipava le sue immediate dimissioni, la fine della sua carriera politica in caso di vittoria del «no» ma il contenuto non cambia perché, come insegna quanto avvenuto in Gran Bretagna a seguito di Brexit, «non è facile perdere e tornare il giorno dopo come se non fosse successo niente, non sarebbe corretto». In gioco però, insiste, non è il suo destino personale ma quello del Paese ed è su questo che gli italiani saranno chiamati a pronunciarsi.

Il “warning” del presidente del Consiglio provoca però la reazione dei 5 stelle che definiscono «irresponsabile dire dopo di me il diluvio». Renzi assicura che la campagna sarà improntata sul merito e non sui rischi del populismo perché «se si mostrerà la vera questione agli italiani, il risultato sarà a nostro favore».

Intanto, mentre alla Camera nella riunione della Capigruppo, il ministro Maria Elena Boschi rassicurava Renato Brunetta (Fi) che «non si voterà a Natale», a rinforzare le fila del «sì» è arrivato il comitato dei parlamentari «extra Pd». Un intergruppo di cui fanno parte i centristi di Angelino Alfano, i deputati e senatori di Ala guidati da Denis Verdini, tra i quali sono confluiti anche gli ex Sc di Enrico Zanetti (ieri hanno costituito un gruppo unico che alla Camera conta 16 deputati), una parte dell’Udc rappresentata dal presidente del partito Gianpiero D’Alia ma anche il resto di Sc, i Moderati di Giacomo Portas e i tosiani. Complessivamente sono 134 i parlamentari che hanno aderito. Un numero che - sottolinea Verdini - è tutt’altro che «trascurabile», visto che al momento tutti i sondaggi indicano che gli elettori sono divisi a metà. Che questo comitato per il sì possa fare da apripista a una “fusione” politica è ancora presto per dirlo. «Se lavoriamo bene i frutti arriveranno», ha detto ieri Alfano; «se son rose fioriranno» gli ha fatto eco Verdini. Entrambi guardano con attenzione anche a quanto sta avvenendo in Fi, all’operazione Parisi. Nel partito di Alfano non mancano però i critici come il ministro Enrico Costa che infatti non era presente. C’era invece la titolare della Sanità Beatrice Lorenzin, che nei giorni scorsi era stata inclusa tra i dubbiosi.

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