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Arrestato jihadista: gestiva il traffico di migranti

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Arrestato jihadista: gestiva il traffico di migranti

  • –Marzio Bartoloni

Guadagnavano 600 euro per ogni permesso di soggiorno e il loro capo si vantava di essere un seguace dell’Isis pronto a colpire in Italia. A svelare gli intrecci oscuri di questa banda di trafficanti di migranti guidata da Mohamed Khemiri, tunisino di 41 anni, sono stati i carabinieri del Ros coordinati dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere che ha chiesto e ottenuto cinque arresti e tre obblighi di dimora nei confronti di otto stranieri (marocchini, tunisini, bengalesi e algerini) accusati di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e al falso documentale.

L’inchiesta ruota attorno alla figura del quarantunenne tunisino Khemiri che è indagato anche per terrorismo internazionale e ritenuto un affiliato dell’Isis. L’uomo viveva da tempo a San Marcellino, in provincia di Caserta, e aveva preso alloggio in un locale adiacente alla moschea ed era pronto «in linea concettuale a colpire in Italia», ha spiegato il comandante del Ros, il generale Giuseppe Governale. Al centro dell’operazione un’organizzazione che, in cambio di denaro, predisponeva e faceva rilasciare da aziende tessili compiacenti contratti di lavoro e buste paga fittizie in favore di altri immigrati maghrebini, consentendo loro di ottenere il permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Per Khemiri la Procura di Napoli aveva sollecitato per due volte l’arresto per terrorismo, ma il gip aveva respinto le richieste. L’indagine era stata avviata in seguito al monitoraggio svolto dagli investigatori del Ros sui social network. Da qui emerge la sua progressiva auto-radicalizzazione nei confronti dell’ideologia fondamentalista. Cresce sui social la sua condivisione della propaganda diffusa dallo stato islamico, tanto che i carabinieri si sono imbattuti in Khemiri attraverso un altro straniero indagato in Puglia, che era in contatto con il tunisino residente nel Casertano.

L’uomo più volte al telefono, o attraverso post su Facebook e Twitter, aveva applaudito agli attentati terroristici, come l’uccisione di israeliani o la notizia dell’assalto a Charlie Hebdo e al supermercato kosher di Parigi. «Per quanto riguarda quel giornalista che ha fatto quelle vignette che ledono l’Islam - scriveva Khemiri su Facebook il 7 gennaio - ha avuto ciò che si merita». «Sono isissiano finché avrò vita. E se morirò vi esorto a farne parte», diceva ancora il 26 gennaio scorso. Secondo le carte della procura il tunisino avrebbe svolto anche azione di proselitismo pro-Isis tra i migranti.

Il fascicolo, dopo il diniego all’arresto di Kamel da parte del gip di Napoli, fu trasmesso alla Procura di Santa Maria Capua Vetere, guidata dal procuratore Maria Antonietta Troncone e dall’aggiunto Antonio D’Amato. Gli inquirenti hanno svolto accertamenti sul giro di permessi di soggiorno che coinvolgeva il tunisino. Ad essere raggirati gli uffici della questura di Caserta, cui il tunisino e i complici hanno presentato fatture false per provare le prestazioni lavorative rilasciate agli immigrati da aziende tessili di proprietà degli indagati, nonché falsi contratti di assunzione, firmati anche da imprenditori compiacenti, qualcuno italiano.

Ieri l’imam della moschea di San Marcellino Nasser Hidouri ha negato che Khemiri fosse un suo collaboratore: «Non era il mio factotum e l’ho visto pregare una decina di volte, ma mai ho notato atteggiamenti strani perché queste persone che inneggiano alla violenza non avvicinano persone dell’Islam che non sono per la violenza». «È un’altra giornata di successi per lo Stato che ha sferrato un duro colpo a una organizzazione criminale», ha spiegato il ministro dell’Interno, Angelino Alfano. Mentre per il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti «questa indagine dimostra che c’è il rischio che soggetti vicini al jihadismo possano entrare nella gestione dei traffici migratori».

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