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La revisione della spesa si fa in casa

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La revisione della spesa si fa in casa

  • –Antonello Cherchi

Di certo c’è che dal prossimo anno la spending review diventerà un impegno fisso per i ministeri, senza aspettare che sia il commissario di turno alla revisione della spesa a indicare dove tagliare. Il nuovo assetto della manovra di bilancio - completato con la recente approvazione della legge, preceduta da due decreti decreti legislativi, il 90 e il 93 di quest’anno - prevede, infatti, che i ministeri indichino nel Def, da presentare in Parlamento entro il 10 aprile, gli obiettivi di spesa per il successivo triennio di programmazione. È il decreto 90 a dettare questo nuovo calendario e a imporre che gli obiettivi siano poi trasferiti, entro la fine di maggio, in un decreto.

Nel primo semestre di ogni anno, dunque, i ministeri dovranno avere ben chiari i loro fabbisogni e le priorità su cui investire. Questo dovrebbe evitare il tira-e-molla che ha finora accompagnato ogni manovra di fine anno, con le amministrazioni impegnate a contrattare per contenere i tagli.

Si prospetta, pertanto, una spending review sempre più strutturale e sempre meno affidata alla contingenza delle norme e all’impegno dei commissari, i quali devono comunque fare i conti con la volontà politica di tagliare.

Nella nuova fase di spending che ha preso avvio a maggio 2012 - dopo un primo periodo sperimentale di controllo della spesa avviato nel 2007 e, con successivi provvedimenti, reso sempre più codificato - di commissari se ne sono avvicendati quattro. Il primo è stato il manager Enrico Bondi, nominato dal Governo Monti all’indomani della ricognizione con la quale l’allora ministro dei Rapporti per il Parlamento, ma con delega anche alla spending review, Piero Giarda, aveva individuato 295 miliardi di spesa da poter tagliare. Il rapporto Giarda si può considerare il primo passo della nuova fase di spending.

Poco dopo la nomina di Bondi, una direttiva degli inizi di maggio del presidente del consiglio aveva indicato alle amministrazioni centrali i criteri per realizzare nel semestre successivo un risparmio di spesa di 4,2 miliardi. Alla direttiva hanno fatto seguito due decreti legge (il 52 e il 95) dedicati alla razionalizzazione della spesa pubblica. L’ultimo, in particolare, puntava a un risparmio di 3,9 miliardi nel 2012, di 6,6 nel 2013 e di 9,9 nel 2014.

Bondi lascia a gennaio 2013 e gli succede per pochi mesi il ragioniere dello Stato Mario Canzio, che a sua volta passa il testimone a Carlo Cottarelli, proveniente dal Fondo monetario internazionale. Cottarelli, nominato sotto il Governo Letta, avvia una ricognizione dei costi pubblici aggredibili e arriva a disegnare una geografia degli sprechi - dalle consulenze alle auto blu, dai costi della politica alla sinergie tra le Forze dell’ordine, dalle partecipate locali all’illuminazione pubblica - che se aggrediti possono consentire risparmi di 7 miliardi nel 2014, di 18,1 nel 2015 e di 33,9 nel 2016.

Tra Cottarelli e il nuovo premier Renzi, però, non c’è stata sintonia e il commissario ha lasciato a ottobre 2014. A marzo 2015 è arrivato l’attuale commissario, Yoram Gutgeld, affiancato dall’economista Roberto Perotti. Anche Perotti a novembre dell’anno scorso ha gettato la spugna.

Dopo tutti questi avvicendamenti, quanto è stato effettivamente tagliato? E in che modo? Secondo un documento dell’Economia del febbraio scorso, la spending ha prodotto, per rimanere agli ultimi tre anni, risparmi per oltre 46 miliardi - 3,6 nel 2014, 18 nel 2015 e 25 nel 2016 -, in prospettiva destinati a crescere, perché, per esempio, la legge di Stabilità 2016 è accreditata per 7,2 miliardi di minori spese nell’anno in corso, che diventeranno 8,3 nel 2017 e 10 nel 2018.

Altro discorso riguarda l’impatto di tali tagli. Soprattutto quelli della prima ora - come ha sottolineato anche di recente la Corte dei conti - sono avvenuti in maniera lineare, penalizzando il funzionamento delle amministrazioni e i servizi per i cittadini. Con la legge di Stabilità per il 2015 si è passati a una spending più selettiva. E questo - ammettono i giudici contabili - offre ampi margini di miglioramento della revisione della spesa. A cui va ora aggiunta la novità della legge di bilancio, con i ministeri chiamati ad autolimitarsi.

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