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Schiarita per le banche (con la nube della crescita debole)

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L'Editoriale|sofferenze e impiegh

Schiarita per le banche (con la nube della crescita debole)

Il peggio sembra passato per le banche italiane e la ripresa economica, per quanto fragile, prevale finalmente sul pessimismo dei mercati che ha dominato negli ultimi mesi. Ma molto rimane ancora da fare per consolidare questo importante risultato. Il Bollettino economico della Banca d’Italia pubblicato ieri dipinge un sistema bancario che, se proprio non scoppia ancora di salute, sembra muovere i primi passi verso il superamento della fase più acuta della crisi.

Il dato più importante è che il problema principale, cioè il flusso di nuove sofferenze (e mai termine tecnico fu più appropriato) continua a rallentare ed è oggi al livello più basso dall’inizio della crisi. Dopo aver toccato punte annuali del 5,9 per cento rispetto alla consistenza complessiva degli impieghi (10 per cento per il settore delle imprese) è sceso al 2,9 per cento (4,4 cioè più che dimezzato per le imprese). È un segno anche che l’operazione di pulizia dei bilanci mostra finalmente i suoi frutti e comporta l’emersione di nuovi rischi su valori se non ancora fisiologici, certo lontani dai momenti peggiori.

Su questo punto, il Bollettino fornisce un’indicazione ancora più importante perché ricorda che i crediti deteriorati iscritti a bilancio e non coperti da accantonamenti (per un totale di 87 miliardi) hanno garanzie reali per 50 miliardi; inoltre, le valutazioni utilizzate nei bilanci sono in linea con quelle effettivamente osservate in passato. Dunque il problema residuo non solo è tutto sommato gestibile, ma quel che più conta, il pessimismo cosmico di certi operatori che intravvedono chissà quali perdite occulte nei bilanci delle banche italiane, non ha giustificazione oggettiva. E siccome Tafazzi non detta ancora i principi contabili, che rimangono saldamente in mano allo Iasb, si può essere ragionevolmente ottimisti.

A completare il quadro positivo, si aggiunge che è ripreso il flusso di nuovi crediti, soprattutto alle imprese e al settore manifatturiero, che guida la ripresa: il settore industriale ha infatti messo a segno l’incremento del valore aggiunto più accentuato dal 2010.

Segno che anche il credit crunch è alle spalle e se i prestiti alle famiglie mostrano una leggera flessione non c'è da stracciarsi le vesti: la ripresa dei consumi è in un certo senso più fisiologica e diversa da quella trainata dai debiti che in tanti paesi ha prodotto solo frutti avvelenati.

Tutto bene quindi? A gettare acqua sul fuoco di facili entusiasmi provvede lo stesso Bollettino ricordando almeno due motivi di prudenza. Il primo è di carattere macroeconomico: la ripresa è ancora fragile e modesta, soprattutto in Italia, che è ancora lontana dall'aver recuperato i livelli di reddito pre-crisi, al contrario di Francia e Germania. Nei confronti di questi paesi abbiamo accumulato un ritardo dell'ordine di grandezza, rispettivamente, di 10 e quasi 15 punti di pil. Un abisso, che spiega anche perché la qualità del credito è peggiorata così vistosamente e che ovviamente potrà essere colmato solo nel lungo periodo se il paese riuscirà a crescere più velocemente della media dell'Eurozona. Il che non è ancora avvenuto.

Il secondo motivo è che per uscire veramente dalla crisi, le banche devono essere in grado di camminare sulle proprie gambe e fare a meno del generoso supporto oggi fornito dalle banche centrali. Il Bollettino documenta che le nuove operazioni di rifinanziamento a lungo termine che hanno preso l'avvio alla fine di giugno possono offrire un sostegno importante alle banche e all'economia reale. Ipotizzando un ricorso per l'Italia di poco superiore ai 100 miliardi al netto del rimborso dei prestiti precedenti, si stima che il costo medio della provvista si riduca di circa 20 punti base entro marzo del 2017 e trasmettendosi ai tassi applicati alla clientela. Il tutto dovrebbe favorire un aumento sia della domanda aggregata, sia dei prezzi, contribuendo così anche a riportare l'inflazione verso il livello fisiologico implicito nell'obiettivo del 2 per cento.

Questo contributo della politica monetaria alla ripresa non deve far dimenticare quanto è importante il sostegno offerto da condizioni estremamente generose: i tassi di interesse come è noto possono diventare negativi, cioè le banche riceveranno un premio per essersi indebitate con Francoforte.

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