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Pa, la nuova dirigenza il 25 agosto: il nodo è la clausola di salvaguardia

Il 25 agosto arriverà in Consiglio dei ministri il decreto legislativo di riforma della dirigenza pubblica e nel suo impianto dovrebbe recepire tutti i criteri di delega previsti (articolo 11 della legge 124/2025). Incarichi a termine rinnovabili, previsione di collocamento in disponibilità nel caso non venisse assegnato un nuovo ruolo dopo la scadenza del primo e possibile decadenza dal medesimo in caso di valutazioni negative. Scompaiono poi le due fasce con l’istituzione di un ruolo unico per lo Stato (in cui rientrano tutti i dirigenti delle amministrazioni statali, degli enti pubblici non economici nazionali, delle università e delle agenzie governative), un ruolo unico per le regioni (in cui confluiranno anche i dirigenti della Asl ma non i medici) e un ruolo unico degli enti locali (dove finiscono anche i segretari comunali). Restano fuori dal ruolo unico i soggetti con contratto in regime pubblico: i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e delle Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia.

Non è ancora chiaro se il decreto conterrà una norma transitoria o di salvaguardia per gli organici attuali ma sul fatto che verrà varato giovedì 25 agosto non ci sono più dubbi. Non solo perché siamo in scadenza di delega ma anche perché questo passaggio, per la ministra Maria Anna Madia, è decisivo per aprire la strada al rinnovo dei contratti e il varo del nuovo testo unico del pubblico impiego, previsto all’inizio del prossimo anno.

Il 25 verranno approvati dal Consiglio anche i testi di riforma degli enti di ricerca, del Comitato paralimpico e quello per la riforma delle Camere di commercio. A settembre seguirà il riordino di Aci e Pra e successivamente arriveranno i decreti delegati di riforma dei ministeri e della Presidenza del Consiglio, delle Prefetture e degli uffici periferici delle amministrazioni centrali.

Tornando alle Camere di commercio, testo che ritorna dopo i rinvii di inizio anno, l’obiettivo confermato è di passare dalle attuali 105 a non più di 60. Un taglio che produrrà una riduzione netta delle poltrone sia nei Consigli che nelle giunte. Stando ai dati riportati nella relazione che accompagna lo schema del Dlgs si passerà dagli attuali 3.000 a 1.600 consiglieri. Inoltre l’incarico non sarà retribuito. Per le giunte i componenti saranno 5 o 7 a seconda dell’appartenenza delle Camere di commercio a una delle due nuove fasce (prima erano tre) una sopra le 80.000 imprese e un’altra sotto questa soglia. Il numero delle attuali giunte, nella loro misura massima, nel limite di un terzo dei componenti del consiglio, è pari a 11 componenti.

Entro 6 mesi dall’entrata in vigore del decreto legislativo, sarà Unioncamere a trasmettere al ministero dello Sviluppo economico la proposta di rideterminazione delle circoscrizioni territoriali per portarle da 105 a 60.

Con la riorganizzazione degli enti camerali si dovrà procedere a una distribuzione del personale dipendente delle Camere di commercio, con possibilità di realizzare processi di mobilità tra le stesse camere, e dovranno essere fissati i criteri per individuare il personale soggetto alla mobilità, nonché l’eventuale personale in esubero non ricollocabile tra le camere di commercio.

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