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Superammortamenti, cantieri e produttività: serve più…

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IL FOCUS

Superammortamenti, cantieri e produttività: serve più flessibilità Ue

Poche misure e tutte per aiutare la crescita. La linea del Governo è segnata per la prossima legge di Bilancio, soprattutto dopo la doccia fredda di Ferragosto sul Pil, inchiodato a una variazione zero nel secondo trimestre e con prospettive poco incoraggianti per il terzo e il quarto trimestre, intervalli su cui potrebbero concretizzarsi quei «rischi al ribasso» paventati dopo Brexit e la conseguente instabilità finanziaria.

La terza manovra per necessità espansiva dell’esecutivo Renzi dovrebbe portare in dote un pacchetto mirato per il fisco delle grandi e delle piccole imprese. Dalla proroga dei super ammortamenti alla revisione dell’Aiuto alla crescita economica (Ace), dall’introduzione dell’Imposta sul reddito dell’imprenditore (Iri) al regime di cassa per tutte le imprese in contabilità semplificata. Il tutto accompagnato da due conferme assolute: lo stop alle clausole di salvaguardia con tanto di sterilizzazione dell’aumento Iva da 15 miliardi, il taglio Ires di 3,5 punti percentuali (dal 27,5% al 24%) a partire dal 1° gennaio 2017 (vale 2,9 miliardi nel 2017 ed è già scritta nei tendenziali).

L’altra leva quasi certa, sempre di natura fiscale, passerà per la detassazione dei contratti aziendali, la cui natura strategica anche nella prospettiva del programma Industria 4.0 è stata ribadita ieri dal ministro per lo Sviluppo, Carlo Calenda, e dal presidente della Commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi, che ne chiede un’estensione oltre l’attuale tetto dei 2mila euro. Ora la detassazione dei premi di produttività vale 589 milioni di minori entrate nel 2017, una dote che si punterà ad allargare compensando questa mossa con quella da compiere sulla decontribuzione per le nuove assunzioni a tempo indeterminato, a sua volta da ricalibrare ma non da eliminare, secondo quanto ipotizzato dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini. E poi seguirà il cantiere degli investimenti aggiuntivi rispetto al programma pianificato in virtù della clausola di flessibilità europea (pari allo 0,25% del Pil) ottenuta per quest’anno e che sarà vagliato in autunno dalla Commissione europea.

Quanto saranno giudicati espansivi questi interventi lo si dovrebbe apprendere già dalla lettura della Nota di aggiornamento del Def di fine settembre, il documento su cui il Governo baserà il disegno di legge di Bilancio che presenterà a ottobre. Un documento che dovrebbe dare un’indicazione di massima anche sugli altri interventi che produrranno maggiore spesa corrente, a partire dal “pacchetto pensioni” , e sulle coperture che verranno messe in campo via spending review.

Come ha ricordato due giorni fa il Mef, la riforma del bilancio recentemente adottata dovrebbe consentire di centrare con maggiore efficacia gli obiettivi della revisione della spesa grazie a una migliore definizione degli impegni di finanziamento e de-finanziamento, la loro condivisione nel Governo, la responsabilizzazione dei dicasteri di spesa e un monitoraggio più efficace. Dall’attuazione della “fase 2” della spending arriverà un miliardo in più del previsto grazie al nuovo sistema di acquisti centralizzati della Pa; una dote utile per l’anno prossimo dove i tagli andranno adottati con la cautela di non innescare ulteriori effetti depressivi sul Pil.

La forza espansiva della manovra 2017, che viaggerà su una dimensione di 20-25 miliardi e che dovrebbe incassare una prima lettura parlamentare precedente alla celebrazione del referendum costituzionale di novembre, dipenderà soprattutto dalla nuova flessibilità che il Governo riuscirà a ottenere in autunno da Bruxelles.

Quanto maggior deficit, rispetto all’1,8% attualmente previsto, si avrà per coprire le misure di rilancio? Il confronto si annuncia tutto politico, visto che sui target di finanza pubblica l’esercizio di quest’anno si annuncia non semplice: con un Pil sotto l’1% in termini reali il deficit 2016 sarà superiore al 2,3% programmato e pure la traiettoria del debito/Pil è a rischio: quest’anno dovremmo chiudere a 132,4% (tre decimali in meno del 2015) ma la minor crescita e la deflazione limeranno il denominatore più del previsto. E le privatizzazioni non basteranno: Enav e seconda tranche di Poste insieme non supereranno i tre miliardi di incassi, meno della metà degli 8 miliardi ipotizzati entro fine anno.

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