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L'Italia agli ultimi posti per la sostenibilità secondo lo studio…

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LO STUDIO

L'Italia agli ultimi posti per la sostenibilità secondo lo studio Sustainable Governance Indicators del think tank Bertelsmann Stiftung

In tema di sostenibilità l'Italia è tra i fanalini di coda. Carenti le politiche per la famiglia, le pensioni, la lotta alla disoccupazione giovanile e la povertà. Il nostro paese si posiziona trentaduesimo nella classifica sulle attività dei governi e le riforme Sustainable Governance Indicators (SGI) del think tank tedesco Bertelsmann Stiftung che analizza quarantuno paesi Ocse ed Ue. In testa i paesi scandinavi con la Svezia, seguono la Svizzera e la Germania. Nel confronto tra i paesi, senza sorpresa, agli ultimi posti la Grecia, mentre degli stati del G7 entrano nella top ten solo la Germania e la Gran Bretagna. Se le riforme Renzi mostrano i primi effetti positivi sulla politica fiscale e occupazionale, allo stesso tempo si rendono necessari maggiori investimenti nella ricerca e nello sviluppo.

In questi settori, sui quali si dovrebbe investire per il futuro, l'Italia spende appena l'1.31% del Pil, meno della media Ue pari al 2% che già viene ritenuto un valore basso. Ma il debito pubblico, salito al 132.6% del Pil e terzo per dimensioni tra tutti i paesi Ocse e Ue, dopo il Giappone e la Grecia, riduce il margine d'azione dell'Italia.

Il ritorno alla situazione pre-crisi è ancora molto lontano per il nostro paese, afferma lo studio della fondazione tedesca pur riconoscendo i progressi degli ultimi anni che hanno fatto risalire la posizione dell'Italia nel mercato del lavoro al ventottesimo posto rispetto al trentaquattresimo del 2014: il tasso di disoccupazione è leggermente calato dal 12.9% nel 2014 al 12.1% nel 2015. È andata leggermente diminuendo anche la disoccupazione giovanile passando dall'oltre 42.7% al 40% circa. Ma è ancora troppo poco: i giovani continuano a essere esclusi dal mercato del lavoro e la mancanza di sussidi di disoccupazione fa si che siano sempre più economicamente precari. La crisi economica non ha fatto altro che peggiorare in questi anni la polarizzazione nel mercato del lavoro tra i settori protetti e quelli che non usufruiscono di alcuna protezione sociale.

Mentre i lavoratori più avanti con l'età impiegati nel settore pubblico o in grandi imprese del settore privato si avvalgono di sufficiente o, in alcuni casi, eccessiva protezione, i lavoratori più giovani e in generale coloro che lavorano in settori privati minori, ricevono al contrario garanzie decisamente inferiori o quasi nulle. Riguardo al sistema pensionistico italiano (34esimo posto nella classifica), lo studio da una parte accoglie con favore l'innalzamento dell'età pensionabile a sessantasette anni che garantisce una migliore tenuta del sistema, dall'altra sottolinea la drammatica situazione dei giovani che non riescono ad accedere al mercato del lavoro e che dunque si vedranno ridurre notevolmente il livello delle pensioni, se mai ci arriveranno. Questo comporterà un diffuso stato di povertà nella popolazione anziana delle future generazioni, un problema non da poco sul lungo termine, se le condizioni occupazionali dei giovani italiani rimanessero tali.

In questo senso il governo italiano si è impegnato, ricordano i ricercatori, rendendo più semplice assumere e licenziare per i datori di lavoro, facilitare l'assunzione di giovani e convertire i contratti precari in contratti di lungo termine, dando spazio alla flessibilità e incoraggiando nuove forme di impiego. Secondo il rapporto, la riforma del lavoro, Jobs Act, ha iniziato a dare i suoi frutti positivi nel 2015 guardando i dati dei nuovi contratti.

Ancora insidiosa però è la strada per un equilibrio tra vita lavorativa e familiare e la parità di genere all'interno della forza lavoro: l'Italia raggiunge solo il trentaseiesimo posto per le politiche familiari, scarso è il supporto ai nuclei con figli e l'offerta di servizi all'infanzia per i bambini di età inferiore ai tre anni è al di sotto della media internazionale. Ciò comporta un ridotto tasso di occupazione femminile e un bassissimo livello di natalità. Per le famiglie dove un solo genitore lavora il rischio povertà è estremamente alto e drammatico è il dato dell'indice di povertà sulla popolazione complessiva pari al 12.7% , più alto della Repubblica Ceca che arriva solo al 5.7%. Ciò significa che la lotta alla povertà deve essere considerata una priorità per il governo italiano e che si devono considerare ancora forti le disparità sociali tra il Nord e il Sud del nostro paese.

Mentre la corruzione, tasto dolente per il nostro paese, rimane una delle principali minacce alla qualità della pubblica amministrazione ostacolandone la modernizzazione del sistema, il governo deve lavorare di più su questo fronte.
Nonostante i passi avanti riconosciuti sul sistema fiscale, l'evasione rimane ancora elevata così come il lavoro nero. Tutto ciò fa si che la pressione fiscale sia decisamente elevata per i nuclei familiari e le imprese che pagano regolarmente le tasse mentre troppo elevati restano i dati dell' evasione fiscale.

La forte tassazione che grava sul business e il mercato del lavoro rende veramente poche le nuove opportunità di lavoro e la crescita di nuove imprese. A questo riguardo, il think tank tedesco riconosce i progressi compiuti dal governo negli ultimi anni sulle misure introdotte nel sistema fiscale e afferma che l'Italia è in grado di generare attraverso il sistema di tasse sufficienti risorse, che le agevolazioni alle imprese e ai redditi bassi hanno stimolato l'economia: l'Italia in termini di politica fiscale è passata dal trentatreesimo posto nel 2014 al diciannovesimo posto attualmente. Il nostro paese necessita però ancora di una riforma più specifica in grado di accrescere un'equità fiscale, ridurre gli ostacoli alla competitività e facilitare gli investimenti stranieri diretti.

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