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Renzi: nella stabilità ridurremo ancora le tasse

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Renzi: nella stabilità ridurremo ancora le tasse

L’azione di riduzione delle tasse proseguirà nella prossima manovra di Bilancio: lo ha detto ieri il premier, Matteo Renzi, evidenziando che la strada di una continua limatura del fisco, come dimostra l’accordo appena chiuso con Ryanair, con la cancellazione delle tasse aeroportuali, è quella «giusta», anche dal punto di vista della «competitività» del Paese.

Il presidente del Consiglio ha ricordato tutti gli interventi sul fronte fiscale fatti dal proprio governo («dagli 80 euro, al Jobs act, all’Irap sul costo del lavoro, passando per Imu e Irap agricola, Imu e Tasi prima casa e superammortamento») sottolineando come l’ultimo aumento di tasse in Italia abbia riguardato l’Iva fatta lievitare nell’ottobre 2013 «da un governo precedente».

Le parole del primo ministro hanno subito acceso il dibattito politico: per il vice presidente M5S della Camera, Luigi Di Maio, «la riduzione di tasse non c’è stata, Renzi la smetta di provocare i cittadini con queste balle. Altrimenti prima o poi se li ritroverà con i forconi sotto Palazzo Chigi»; e anche Matteo Salvini (Lega Nord) ha subito parlato di «propaganda» e di premier «bugiardo». Critiche sono arrivate pure da Renato Brunetta (Fi) che ha aggiunto come in autunno «servirà una manovra monstre da 30-40 miliardi». La tasse «sono state ridotte - è la replica del responsabile economico del Pd, Filippo Taddei -. La pressione fiscale, per la prima volta negli ultimi sei anni, è calata al di sotto del 43% e continuerà a calare». Il governo, in particolare, «ha ridotto di 9,5 miliardi l’Irpef a 10 milioni di lavoratori dipendenti, di 5,5 miliardi l’Irap sul costo del lavoro a 1,5 milioni di imprese, di 3,5 miliardi la Tasi a 18 milioni di proprietari della casa in cui abitano», ha detto il vice ministro dell’Economia, Enrico Zanetti. Del resto, la direzione di marcia non può che essere quella del calo del fisco, spiega Marco Leonardi, consigliere economico di palazzo Chigi: «Solo così si rilanciano fiducia e investimenti».

Dibattito agostano a parte, e in attesa di capire come si chiuderà il confronto con l’Europa sul capitolo “flessibilità”, e come saranno le nuove stime sul Pil da inserire nel Def, la prossima manovra di Bilancio dovrà necessariamente puntare su crescita e produttività.

Sul fronte fiscale, legato al lavoro, è sul tavolo l’ipotesi di proseguire, anche nel 2017, nella decontribuzione per le nuove assunzioni stabili. La misura dovrebbe però andare incontro a un ulteriore decalage: si pensa a uno sgravio per un solo anno (il 2017, appunto), con un’entità del bonus che, al momento, oscilla tra il 20% e il 40%. In rampa di lancio anche la detassazione dei premi di risultato: qui l’asticella dell’incentivo dovrebbe salire fino a 3-4mila euro di somma incentivata, coinvolgendo anche quadri e una parte della dirigenza non apicale, innalzando il reddito annuo dagli attuali 50mila euro a 70-80mila euro. Sembra per ora più lontana l’idea di anticipare all’anno prossimo gli alleggerimenti Irpef messi in programma per il 2018, anche perché le ipotesi “più soft” richiederebbero almeno tre miliardi di euro (e senza contare gli interventi sulle pensioni). Più avanti sembra invece il cammino delle misure per le imprese: oltre alla decontribuzione sui nuovi contratti a tempo indeterminato, si potrà contare sulla riduzione di 3,5 punti dell’Ires a partire dal 2017, già scritta nell’ultima manovra, e sul rilancio dei superammortamenti per gli investimenti.

Una spinta alla crescita dovrebbe arrivare anche dalle infrastrutture, con lo sblocco di cantieri e nuovi investimenti (liberi dai vincoli di cassa); mentre per la cancellazione permanente degli aumenti dei diritti d’imbarco per i passeggeri aeroportuali, finora sospesi fino a dicembre dal Dl Enti locali, bisognerà attendere la prossima manovra. Che dovrebbe sciogliere anche il nodo risorse per il rinnovo dei contratti pubblici.

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