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Diamanti, sprint dopo il referendum su Brexit

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Diamanti, sprint dopo il referendum su Brexit

  • –Giulia Crivelli

I diamanti sono una risorsa finita: un giorno neppure molto lontano (si parla del 2030) le miniere si esauriranno. Inoltre non tutti i diamanti sono uguali e per trovarli serve una specie di caccia al tesoro: come ricorda l’Investment Diamond Center di Londra, bisogna muovere 250 tonnellate di materiale per trovare un carato (pari a un quinto di grammo) di diamante.

La produzione annuale mondiale è di circa 100 milioni di carati: solo il 50% può essere usatoin gioielleria e soltanto l’1% ha la qualità necessaria per diventare un diamante d’investimento. Negli ultimi cinquant’anni il valore delle pietre ha continuato a crescere, almeno a una cifra, anche se calcolare l’esatto Cagr è difficile perché non sempre i gemmologi concordano sul complesso sistema di valutazione delle “cinque C” (Carat, Color, Clarity, Cut, Certificate).

Chi sceglie i diamanti non deve pensare a un guadagno immediato: per molti non si tratta di investimento speculativo, ma di medio e lungo termine, senza garanzia di riacquisto e su un mercato volatile nel quale i prezzi praticati dai dealer rimangono spesso opachi.

Ai fini della diversificazione del portafoglio i beni reali possono comunque portare un contributo: forse è proprio per questo che – in Italia e non solo – nel primo semestre e in particolare a partire dal 23 giugno, giorno del referendum sulla Brexit, le vendite di diamanti e il loro valore hanno continuato a crescere.

Esemplare il caso della Diamond Private Investment, leader nel nostro Paese nei diamanti da investimento, con una quota di mercato del 65%: «Nel 2015 il nostro fatturato è raddoppiato e nei primi mesi del 2016 abbiamo superato i 15mila investitori – spiega l’amministratore delegato Maurizio Sacchi –. La storia dimostra che il valore dell’investimento non è correlato all’andamento dei mercati finanziari e generalmente offre rendimenti che si collocano sempre a un punto, un punto e mezzo percentuale sopra l’inflazione reale. Consigliamo comunque di non destinare più del 5% del proprio portafoglio ai diamanti: la parola magica è sempre diversificazione».

«Lo scopo primario dell’investimento in diamanti non è quello di arricchire in fretta il patrimonio, bensì di proteggerlo dalle turbolenze – conferma Marco Pocaterra, ceo di Diamond Love Bond, altra società italiana del settore e presente in tutte le Borse diamanti del mondo –. Quello dei diamanti naturali è un mercato che su scala globale vale oggi 70 miliardi di dollari, ma la domanda, per la rarità stessa delle pietre, supererà sempre l’offerta».

Discorso a parte meritano i diamanti colorati, ancora più preziosi: in maggio Christie’s ha stabilito il record di vendita all’asta per un gioiello con diamante grazie alla pietra blu Oppenheimer, 14,62 carati, aggiudicata per 57,5 milioni di dollari. Il primato precedente apparteneva a Sotheby’s, che nel novembre 2015 aveva venduto il diamante da 12,03 carati Blue Moon per 48,4 milioni.

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