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I vertici a tre: non nuovi ma potenzialmente utili

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la lettera

I vertici a tre: non nuovi ma potenzialmente utili

Caro Direttore,
nel suo interessante articolo di ieri su Il Sole-24 Ore, Gerardo Pelosi ha scritto che l’odierno vertice di Ventotene, con Angela Merkel e François Hollande ospiti di Matteo Renzi, «sarà il primo vertice tra Germania, Francia e Italia a livello dei capi di Stato e di Governo ospitato dal nostro Paese». «Un riconoscimento, quello dell’Italia fatta salire nel vagone di testa della Ue – prosegue l’articolo di Pelosi - che molti presidenti del Consiglio prima di Matteo Renzi avevano tentato inutilmente di rincorrere. Non ci riuscì Berlusconi e neppure Prodi mentre Monti venne invitato a Strasburgo da Merkel e Sarkozy nel novembre 2011 ma solo come omaggio più che al premier italiano a un apprezzato ex rappresentante delle istituzioni europee». Ripetendo stamattina gli stessi punti a Radio 24, Pelosi ha addirittura aggiunto che «dopo Strasburgo, Monti non riuscì più a farsi invitare (sic)».

A beneficio dei lettori interessati, mi permetto di rimediare ai vuoti di memoria dell’autore, avvalendomi tra l’altro delle puntuali cronache scritte all’epoca dal vostro inviato… Gerardo Pelosi.

Ottenuta la fiducia dal Parlamento il 17-18 novembre 2011, il 22 novembre mi recai a Bruxelles per illustrare il programma del governo alle istituzioni europee. Non corsi a Berlino e a Parigi, come è diventato d’uso. Furono invece la cancelliera Merkel e il presidente Sarkozy, con una telefonata congiunta, a invitarmi a un incontro a tre per il 24 novembre. Con una sensibilità che apprezzai, mi proposero che la riunione avesse luogo non a Berlino o a Parigi, ma nella città simbolo dell’integrazione europea : Strasburgo. Un incontro a tre così sollecito, mi indicarono già nella telefonata, era volto a dare immediata testimonianza della loro fiducia nell’Italia e nel nuovo governo e ad assicurarsi il contributo attivo del governo italiano e mio, quale presidente del Consiglio e ministro dell’Economia e delle finanze, alla soluzione della grave crisi dell’eurozona. Non si trattava certo di «rendere omaggio» a un ex commissario, come scrive ora curiosamente Pelosi ; tanto meno da parte di Sarkozy, spesso molto critico con la Commissione europea e che a suo tempo, da ministro delle Finanze della Francia, aveva avuto duri scontri con me quando ero commissario alla Concorrenza sui casi Alstom, Electricité de France e altri !

“Al termine del vertice di Strasburgo, convenimmo di avere sistematicamente degli incontri a tre. Questi incontri si sarebbero svolti prevalentemente a Bruxelles, in preparazione dei Consigli europei e dei vertici”

 

Al termine del vertice di Strasburgo, convenimmo di avere sistematicamente degli incontri a tre (e non a quattro, benché all’epoca il Regno Unito fosse un partecipante pieno, e di peso, alle decisioni della Ue). Questi incontri a tre si sarebbero svolti prevalentemente a Bruxelles, in preparazione dei Consigli europei e dei vertici dell’Eurozona. E così avvenne.

Alcuni vertici franco-tedesco-italiani, tuttavia, ebbero luogo fuori Bruxelles. Tre di essi, tenutisi nella discrezione e con l’attenzione tutta rivolta ai risultati concreti, vengono particolarmente ricordati nei libri e negli articoli usciti in questi ultimi anni per ricostruire la storia di come l’euro venne salvato.

Due di questi tre vertici si tennero fuori Europa, l’uno a Camp David (Usa) nel maggio 2012 a margine del G8 e l’altro a Los Cabos (Messico) nel giugno 2012 a margine del G20. Oltre ai leader di Germania, Italia e Francia (il neopresidente François Hollande) vi partecipò, dando un forte impulso proprio nella direzione su cui lavorava il governo italiano, il presidente Barack Obama.

Il terzo vertice fuori Bruxelles, quello conclusivo di tale “ciclo di lavoro”, si svolse a Roma, a Villa Madama, il 22 giugno 2012. Lo scopo era preparare, partendo da posizioni che si erano sì ravvicinate ma non abbastanza, il decisivo vertice dell’Eurozona che si sarebbe tenuto a Bruxelles il 28-29 giugno. Viste le gravi difficoltà in cui versava la Spagna, con l’accordo di Merkel e Hollande invitai anche Mariano Rajoy. L’incontro fu molto proficuo e portò ancora più vicino alla posizione che l’Italia voleva conseguire, in materia di Unione bancaria e di Scudo anti-spread. Ma la Merkel opponeva ancora resistenze, interpretando anche la volontà dei suoi alleati “falchi” non presenti al tavolo, Olanda e Finlandia. Dopo Villa Madama, furono ancora necessarie una riunione dei ministri delle Finanze e dei ministri per gli Affari europei (per l’Italia il viceministro Vittorio Grilli, che di lì a poco sarebbe diventato ministro, e il ministro Enzo Moavero-Milanesi) e infine, come è noto, la lunga notte di negoziato al vertice dell’Eurozona, preceduta da un mio veto alle conclusioni del Consiglio europeo, per mettere pressione sulla Germania.

Quello di oggi a Ventotene, per il quale auspico il massimo successo nel momento molto critico che l’Europa attraversa, non sarà dunque il «primo vertice tra Germania, Francia e Italia ospitato dal nostro Paese», né la prima manifestazione di un fecondo – speriamo - lavoro condotto da questi tre grandi Paesi «nel vagone di testa della Ue».

A mio parere, se questi vertici devono servire davvero a far fare passi avanti all’Europa, nella direzione che l’Italia auspica, e non semplicemente ad ostentare all’opinione pubblica uno status symbol del Paese o di chi lo governa, quattro devono essere le parole d’ordine: chiara definizione degli obiettivi (ambiziosi, ma non irrealistici); concretezza delle proposte (non così vaghe da acquisire il consenso sul... nulla); continuità nell’impegno (per progredire da un vertice all’altro sulle proposte già oggetto di confronto, senza aprire ogni volta nuovi fronti); discrezione (nel rivelare se mai qualcosa in meno, non qualcosa in più, di quanto ha formato oggetto di accordo; nel non irritare gli altri Stati membri lasciandosi chiamare dalla stampa “direttorio” a tre; nel non alienarsi i presidenti di Commissione e Consiglio, ma anzi tenendoli al corrente dei programmi dei vertici e presentando loro i risultati come “semilavorati” che faciliteranno il loro lavoro di ricerca del consenso finale al Consiglio).

Una penna competente e precisa come quella di Gerardo Pelosi, che all’epoca aveva ben riportato il vertice di Villa Madama così come tutte le altre tappe del lavoro di pilotaggio compiuto dall’Italia con la Germania e la Francia, potrebbe aiutare i protagonisti di oggi. Aiutarli a trarre utili spunti dalle cose buone e da quelle meno buone compiute dai loro predecessori nel corso degli anni, anziché a rafforzare in loro la convinzione – genuina, temo - che nulla di meritevole di attenzione sia avvenuto prima del loro avvento.
Cordiali saluti

*Mario Monti è senatore a vita ed è stato presidente del Consiglio dei ministri dal 16 novembre 2011 al 28 aprile 2013

Risponde Gerardo Pelosi
Posso rassicurare il senatore Monti; nessun vuoto di memoria. Solo un’imprecisione: ho dimenticato di specificare che quello di Ventotene è in realtà il primo vertice a tre ospitato dall’Italia da quando il nostro Paese dalla fine del giugno scorso è entrato stabilmente nel cosiddetto “direttorio” a tre franco-tedesco-italiano. Non si può dire, infatti, che la presenza italiana fosse divenuta stabile ai tempi di Monti e nemmeno dopo con Enrico Letta. Si trattava in realtà di dare un riconoscimento a un sincero europeista come Monti (nonostante le diatribe sulla concorrenza tutte all’interno però di un idem sentire) piuttosto che all’Italia come Paese. Anzi vi fu chi rilevò all’epoca che si trattava in realtà più che un riconoscimento al nuovo corso del Governo di uno “schiaffo” postumo dato a Berlusconi che da quei vertici era sempre stato escluso. È vero, forse ho dimenticato di citare il vertice di Villa Madama (che era comunque a quattro, con la Spagna) ma per come sono andate le cose i suoi esiti non sono ricordati come memorabili. Non so infine dove il senatore Monti mi abbia sentito dire che «dopo Strasburgo Monti non fu più invitato». Ma tant’è. Speriamo solo, al di là della memorialistica e della lunga storia di decisioni mancate, che almeno Ventotene serva a qualcosa.

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