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Lite su stipendi e nomine, Raggi rinvia

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Lite su stipendi e nomine, Raggi rinvia

ROMA

In una giornata segnata dall’emergenza terremoto e dallo sforzo della Protezione civile di allestire centri di raccolta nei municipi di Roma, è salito di tono il confronto nell’amministrazione pentastellata di Virginia Raggi. Con il nodo ancora tutto da sciogliere dei maxicompensi riconosciuti ad alcuni componenti del suo staff, in primis il capo segreteria Salvatore Romeo, attivista Cinque Stelle vicinissimo a Raggi e al vicesindaco Daniele Frongia, e l’ex mandatario elettorale Andrea Mazzillo. E il rinvio, deciso ieri in serata, anche degli altri provvedimenti più attesi nella giunta convocata oggi alle 16: la riforma della governance delle partecipate, messa a punto dall’assessore al Bilancio Marcello Minenna e dalla capo di gabinetto Carla Romana Raineri, magistrata esperta di diritto societario, e la nomina del delegato al litorale (in pole Giuliana Di Pillo). Risultato: oggi arriverà soltanto la delibera per partecipare al bando periferie del governo che scade il 30 agosto (500 milioni in ballo) e qualche nomina dello staff comunicazione.

Lo stop alla riforma della governance delle partecipate è arrivato per questioni tecniche. Ma ha pesato sulla decisione di far slittare tutti i dossier più caldi anche la delicatezza del tema società, su cui - fa notare una fonte del Movimento - «non si può fare alcun passo falso», e la tensione generale sulle ultime mosse della sindaca, soprattutto per il metodo: nomine effettuate a ridosso di Ferragosto mentre la responsabile del personale era in ferie, errori tecnici nelle delibere, riottosità a fare marcia indietro. Nonostante un dietrofront fosse stato sollecitato subito anche dai vertici M5S, sia su Romeo e Mazzillo sia sulla posizione ancora non chiarita di Raffaele Marra, che in passato ha collaborato con Gianni Alemanno e Renata Polverini e che è sempre al suo posto di vicecapo di gabinetto.

Il confronto è aperto. La sindaca e Frongia stanno vagliando le possibili soluzioni. Ma difendono le scelte delle nomine dei fedelissimi e degli emolumenti riconosciuti (per Romeo, funzionario del comune, il compenso è passato da 40mila a quasi 110mila euro). La base protesta sui social. È di due giorni fa un post al vetriolo della sorella di Marcello De Vito, presidente del consiglio comunale, ed espressione della “corrente” di Roberta Lombardi, la deputata “silurata” dal mini-direttorio che affianca la sindaca proprio per evitare i continui dissapori.

La linea ufficiale, sponsorizzata dal candidato premier in pectore Luigi Di Maio, è quella di continuare a sostenere Raggi per non rovinare il palcoscenico romano, considerato indispensabile per la scalata del Movimento al governo nazionale. Come ha fatto Grillo due sere fa a Polignano durante il tour per il no al referendum: «Abbiamo già fatto una rivoluzione: guardate i nostri ragazzi, sono proprio diversi. Guardate la Appendino a Torino, sembra uscita da un film di Stephen King, è una macchina da guerra, mi fa paura, non ci vado a Torino. E anche Virginia Raggi è straordinaria». I parlamentari più nervosi allargano le braccia: «La sindaca è lei». Ma sono già in programma incontri a stretto giro per provare a correggere la rotta.

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