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«Casa Italia», un piano in cinque mosse

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«Casa Italia», un piano in cinque mosse

  • –Massimo Frontera

ROMA

«Casa Italia», il progetto che ha in mente Matteo Renzi per mettere in sicurezza l’Italia e rilanciare la crescita ha due valenze, uno è il nostro territorio da curare e da migliorare, dal paesaggio ai beni culturali, dalle infrastrutture ai centri storici, dalle periferie alle opere pubbliche. L’altro evoca il ritorno di politiche abitative in senso più ampio. Una parte delle misure annunciate dal premier giovedì sera finirà nella legge di Bilancio, ma Palazzo Chigi sta valutando di anticipare alcune norme già in un decreto legge.

Bonus energetico, riqualificazione urbana e dissesto idrogeologico sono in cima alla lista dei temi allo studio. A questi temi - che erano già parte del “cantiere” della legge di Stabilità e che confluirono in “Casa Italia” - si è ora aggiunto bruscamente tutto il delicato tema della sicurezza statica del patrimonio. E resta da risolvere il problema casa per i meno abbienti.

Per mettere benzina nel piano “Casa Italia” si continuerà a seguire la strategia di una doppia leva che da una parte attingerà in modo massiccio ai Fondi europei e ai fondi sviluppo e coesione. L’altra leva è quella degli incentivi ai privati, che è la strada maestra per attivare gli interventi sulle abitazioni private, ma anche sul patrimonio di uffici e attività produttive, non meno importanti. Il cantiere normativo - che si arricchisce dopo il terremoto di Amatrice - è già aperto. Si lavorerà infatti per ampliare gli effetti degli sgravi fiscali del 50% e del 65%: l’obiettivo, come era già nelle intenzioni del Governo, è riuscire a fare il salto di scala nell’applicazione della misura: passare cioè dall’intervento limitato alla casa ai complessi immobiliari, utilizzando la finanza e operatori specializzati “turn key” come le Esco. È infatti questo l’obiettivo del piano cui stanno già lavorando il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio e il viceministro dell'Economia, Enrico Morando. Ma la qualità del costruito, la qualità del paesaggio, la qualità della sicurezza e la cultura della prevenzione, non hanno senso se non si saldano a un progetto di sviluppo, a un nuovo modello di fare edilizia, di fare scuola, di fare quartiere, di fare città.

La chiamata a raccolta del premier - fatta ad associazioni e sindacati - fa capire che c’è un grande spazio per le proposte (che certamente non mancheranno), ma crea anche l’attesa per una visione di rilancio nazionale di lungo respiro.

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