Il «piano B» per uscire dallo stremo del sistema di accoglienza immigrati è pronto. Messo a punto dall’Anci, l’associazione nazionale comuni d’Italia, prevede la «possibilità di accogliere su tutto il territorio nazionale una media massima di 2,5 migranti ogni mille abitanti» come si legge sul sito istituzionale (www.anci.it) . Già previsti per le Regioni, i criteri di ripartizione dei migranti sul territorio per quote in proporzione alla popolazione si riproducono anche per le province. «Con correttivi che metteranno al riparo i piccoli Comuni e le grandi aree metropolitane, trasferendo il modello Sprar (sistema di protezione per i richiedenti asilo, ndr) a tutti i Comuni italiani» precisa l’Anci. L’obiettivo numero uno è «avere una distribuzione equa e diffusa e programmata su tutto il territorio nazionale». Quello numero due è di «eliminare l’attuale situazione che vede un approccio emergenziale con grandi concentrazioni in poche aree geografiche».
Distribuire l’immigrazione tra tutti i Comuni, fino a rendere le presenze degli stranieri ridotta a piccoli numeri, è dunque la linea nota da tempo, concepita e condivisa al ministero dell’Interno, guidato da Angelino Alfano, con l’Anci. L’associazione dei Comuni ha messo a punto una serie di coefficienti e di parametri per escludere i centri molto piccoli, favorire i consorzi, incentivare soprattutto la partecipazione ai progetti Sprar. Una scommessa non priva di incognite: non sarà un caso se di questo piano si parla almeno da aprile e deve ancora decollare. Le incertezze riguardano le resistenze probabili e numerose dei Comuni a guida leghista o di partiti di centrodestra con sindaci ad alta intensità anti-immigrazione. In generale, il progetto Anci chiede che tutte le comunità locali si facciano carico, nei limiti delle proprie dimensioni, dell’accoglienza. Il principio è incontestabile. L’adesione entusiasta e unanime degli interessati quantomeno improbabile. Ma con gli attuali numeri dell’accoglienza - oltre 160mila stranieri ospitati tra adulti e minori non accompagnati - il percorso avviato tra Anci e Viminale appare ora inevitabile.
C’è una carta forse vincente per rompere o almeno indebolire il muro di resistenza politica pronto a essere alzato dai primi cittadini contrari. Ogni prefetto responsabile per provincia, magari dopo una consultazione tra i colleghi della stessa Regione, convocherà i sindaci del suo territorio: un incontro operativo ma anche di confronto per scelte, se possibile, condivise. Il meccanismo ipotizzato, del resto, prevede un percorso di favore per i Comuni che aderiscono ai progetti Sprar: ricevono e gestiscono i finanziamenti dall’Interno, hanno autonomia nella gestione - anche se devono nominare un soggetto attuatore - possono calibrare soluzioni e interventi. Ma se rinunciano, anche per la quota di migranti che spetterebbe loro accogliere, i prefetti hanno l’autorità per ricorrere ai centri di assistenza temporanea. È molto spesso la procedura attuale, d’urgenza. Proprio quella contestato finora dai sindaci più riottosi.
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