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INTERVISTA

Parla il sismologo Boschi: «Dopo L’Aquila una replica era prevedibile ma non si è fatto nulla»

Il sismologo Enzo Boschi
Il sismologo Enzo Boschi

Norcia (e non solo) è ben oltre la soglia di una crisi di nervi. Le voci allarmanti si rincorrono: sono sussurri, non grida, ma si amplificano con forza dirompente del passa parola. In troppi sono convinti che la sequenza sismica, con oltre 3.200 scosse seguite a quella del 24 agosto, sia tutt’altro che in fase discendente. Enzo Boschi, sismologo dell’università di Bologna ed ex capo dell’Ingv ai tempi del terremoto dell’Aquila, uscito immacolato dalla sentenza di appello sulla Commissione grandi rischi, analizza per il Sole 24 Ore le mappe sismiche sfornate dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. «Capisco la paura della gente dell’Appennino, ma ricordo che dopo il terremoto dell’Aquila di scosse di assestamento se ne contarono oltre 54mila. E nel ’97, dopo quello che colpì l’Umbria e le Marche, arrivammo a quota 40mila. È un processo naturale: la crosta terrestre si sta liberando dell’energia accumulata».

Il professore da anni ripete inascoltato la sua lezione di sismologia. Spiega: «Dopo l’Aquila era certo che ci sarebbero state repliche di notevole intensità sull’Appennino centrale. Ci si doveva preparare per tempo e mettere in sicurezza le case e gli edifici pubblici. Amatrice era uno degli obiettivi possibili. Invece si sono buttati via sette anni». Sull’emergenza di Norcia è meno pessimista: «In Umbria hanno costruito bene, la scossa del 24 agosto è come se li avesse collaudati: quello che funziona resta in piedi. Capisco la paura degli sfollati. Le scosse si ripeteranno, questo è certo, saranno di discreta entità e l’esperienza non ci fa escludere la possibilità di scosse altrettanto intense di quella di magnitudo 5.4».

Boschi confessa che le immagini post terremoto non riesce più a guardarle: «Sono scene di guerra, peggio di un bombardamento. È inaccettabile assistere alla morte di mamme, bambini e vecchi. L’ingegnere è responsabile del progetto che firma. Esiste l’ordine degli ingegneri, perché non si assumo provvedimenti nei confronti di chi ha costruito in quel modo? O forse è il solito meccanismo italiano: di fronte ai quattrini i controlli si allentano e si è pronti a chiudere sempre un occhio, se non tutti e due».
Di sottovalutazioni è lastricata la storia dei sismi italiani. Fu così anche in Emilia. Racconta Boschi: «La prima grande botta di magnitudo 5.9 arrivò nella bassa modenese il 20 maggio del 2012. Nessuno fece nulla e non si riunì neppure la Commissione grandi rischi. La scossa devastante colpì nove giorni dopo, il 29 maggio. E lì purtroppo ci furono i 24 morti».

Alla storia dei terremoti si accoppia quella dei soccorsi e dei salvataggi. Boschi ritorna con la memoria agli anni dell’Aquila, quando Guido Bertolaso e la Protezione civile «riuscirono a mettere in sicurezza 70mila persone in un giorno». Il professore su questo argomento è netto: «A quei tempi la Protezione civile aveva una leadership chiara e forte. Criticabile da molti punti di vista, ma imbattibile sul piano dell'operatività».
Dell’abbaglio più celebre, a proposito di previsioni di terremoti, fu vittima il professor Mario Monti, che s’improvvisò sismologo mentre era alla guida del suo governo. «Il nove giugno del 2012 - racconta Boschi - rilanciò una notizia della Protezione civile secondo la quale una forte scossa tellurica avrebbe colpito l'area tra Finale e Ferrara». A dieci giorni dal sisma in Emilia quell’affermazione alimentò una comprensibile catena di critiche e smentite. Il terremoto per fortuna non ci fu, eccetto una scossa di lieve entità tra Belluno e Pordenone, 150 chilometri a nord dal luogo indicato dal premier.

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