«Proprio come ora esiste un dipartimento della Protezione civile, focalizzata sull’emergenza, dove siamo bravissimi, così nel futuro ci dovrebbe essere un dipartimento della Prevenzione, con il compito di svolgere attività di carattere continuativo su tutti i temi che toccano il nostro territorio. Partiremo con una unità di missione snella, ma con l’obiettivo, diciamo in 12-18 mesi, di arrivare alla costituzione di una struttura stabile».
Questo il percorso che ha in mente il premier per dare attuazione a Casa Italia, il piano annunciato da Matteo Renzi dopo il sisma del 24 agosto. A parlare è Giovanni Azzone, che ieri ha accettato dal premier l’incarico di “project manager” di Casa Italia. Ingegnere specializzato nel controllo e gestione, Azzone è il rettore del Politecnico di Milano, una delle eccellenze nazionali, dalla quale appunto il premier ha attinto per dare forma e gambe a Casa Italia.
Il lavoro comincia subito: già martedì prossimo c’è un primo giro di tavolo con soggetti istituzionali e del mondo accademico e della ricerca. All’incontro, che sarà coordinato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Claudio De Vincenti, sono stati invitati, cita tra gli altri Azzone, Anci, le Province, il Cnr e la conferenza dei rettori. «Dopo questo primo giro di tavolo si farà un piano di lavoro».
C’è dunque una prima tabella di marcia; e anche una prima definizione del perimetro di lavoro. E ci sarà anche una supervisione illustre: «Sicuramente ci sarà una interlocuzione con Renzo Piano - spiega sempre Azzone - perché una delle cose che attraversa tutti i temi su cui interverremo è la qualità dell’abitare. Dobbiamo fare in modo che gli interventi siano il meno possibile invasivi sulla vita delle persone. E su questo il contributo di idee di Renzo Piano è fondamentale».
Azzone lavorerà a Palazzo Chigi e ha concordato con il premier un primo traguardo, che sarà il banco di prova per verificare se si può proseguire nel lavoro. «Non possiamo agire subito su tutto perché rischieremo di girare a vuoto. Abbiamo individuato una prima fase, circoscritta a cinque temi: prevenzione sismica, dissesto idrogeologico, beni culturali, edilizia scolastica e periferie».
La scelta, spiega Azzone, è caduta su temi dove ci sono «programmi in corso, risorse disponibili e dove l’obiettivo è rendere tutto più efficiente ed efficace». In che modo è ancora tutto da vedere. «L’esigenza è chiara, ma il progetto non c’è ancora, evidentemente. Va costruito». «Posso dire - aggiunge - quali sono gli obiettivi e quello che stiamo cercando di costruire: fare in modo che, se per esempio ho un problema di rischio sismico o idrogeologico che può toccare una scuola, questo problema può essere toccato da tutti e tre gli interventi. L’obiettivo è fare in modo che questi diversi progetti interagiscano tra di loro».
La mission della struttura coordinata da Azzone avrà due obiettivi: il primo campo di lavoro è quello della cultura della prevenzione, che manca ancora completamente in Italia, come periodicamente ci viene ricordato dagli eventi naturali che ci colgono impreparati.
Ma il cuore del lavoro sarà la creazione di un sistema per far dialogare dei mondi che finora hanno vissuto vite separate. «Dobbiamo integrare nel modo migliore diverse linee di azioni che sono già attive: incentivazione alla ristrutturazione, edilizia scolastica».
E spiega: «C’è un problema di lettura di dati e di informazioni: come fare in modo di percepire quali sono le priorità di intervento, che possono anche toccare programmi diversi. Oggi ci troviamo con una grande disponibilità di dati ma con poca capacità di indirizzarli per scegliere le priorità».
Ma c’è anche un problema di fonti di finanziamento - e anche il primo appuntamento della legge di Bilancio - sebbene Azzone precisi che con Renzi non ha parlato di soldi. «Abbiamo assi di finanziamento e abbiamo necessità di capire se alcune fonti europee, per un esempio il piano Juncker, sono fungibili e focalizzabili su questi interventi. Non c’è nessuno che ha la missione di affrontare in modo integrato questo problema». «La prima cosa - aggiunge - è vedere se i fondi già impegnati su queste misure già attive vengono usati correttamente. La seconda cosa è determinare cosa serve in più, per accelerare il processo di prevenzione. Una volta che lo sapremo possiamo cercare di capire come ottenere questi fondi».
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