Irridi, irridi, qualcosa resterà. I vignettisti di Charlie Hebdo il mondo non l’hanno cambiato ma purtroppo l’esistenza ha piallato pure loro. I risultati sono lì, una riedizione dell’orrore contemporaneo a mezzo stampa. Metti una mattina su Charlie Hebdo i 300 morti di Amatrice e le lasagne, con il rancore che tracima a ogni tratto di puntutissima matita. I terremoti sono anche interiori. E a distanza di 1.500 chilometri assistiamo a due sismi simmetrici: quello fisico, con l’odore del sangue di Amatrice, l’altro cerebrale, annichilito da una furia sterminatrice al concentrato di pomodoro, con lasagne e penne gratinate ai piedi di una montagna di morti. Pornografi della morte, li bollerebbe il filosofo francese Paul Ariès.
Far male è grossolano, far ridere un esercizio raffinato. I teatranti della commedia dell’arte lo imparavano mentre stavano sulle ginocchia dei loro maestri. La satira di Charlie è un gesto puerile, come un bambino che sputa in faccia al suo compagno, un uomo che bestemmia o picchia una donna. Un repertorio di brutalità alla quale un gruppo di giornalisti deve attingere a piene mani per guadagnarsi da vivere. Le miserie del giornalismo, bellezza, un esercizio feroce che bordeggia sempre il punto di non ritorno, una roulette russa con il tamburo carico.
Così un giorno tragico di un anno e mezzo fa, la rabbia di altri integralisti del pensiero armati di kalashnikov gli rivoltò contro la stessa disperazione. Forse è pure questa un pezzo della terza guerra mondiale, combattuta sputando in faccia proiettili di pasta, polpette di scherno e una scia di morti veri. «Terremoto all’italiana», il titolo della vignetta, un modo per ridicolizzare pure il neorealismo, il filone aureo del cinema nostrano. L’Italia insorge, e forse avrebbe fatto meglio ad astenersi dal riflesso pavloviano. È un vecchio trucco, ma funziona sempre. Protesta indignato il sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi. Si muove addirittura Palazzo Farnese a Roma, che si scusa a nome del governo Hollande e dei francesi, e il presidente del Senato Piero Grasso.
I social network si scatenano contro gli insopportabili francesi, un nemico costruito su un’altra serie di inenarrabili ovvietà. Cervelli all’ammasso. I vignettisti di Charlie giocano al rialzo e infilzano per la seconda volta l’indignazione italiana. L’esordio è grillesco: «Italiani….» E poi l’ultima rasoiata: «Non è stato Charlie Hebdo a costruire le vostre case, ma la mafia». La considerazione più sensata la dà Staino, uno che con la provocazione (temperata) ci campa: «Brutta vignetta, meglio non parlarne». Fine dell’orrore, almeno per oggi.