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Pechino punta alla leadership delle economie emergenti

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L'Analisi|L’ANALISI

Pechino punta alla leadership delle economie emergenti

Perché la Cina punta sul G20? È la principale ed esclusiva piattaforma globale della macroeconomia capace di far sedere allo stesso tavolo i governi delle nazioni che esprimono l’85% del Pil e il 65% della popolazione mondiale: un’occasione storica per dimostrare plasticamente al mondo la conquistata leadership nello scacchiere internazionale. E non tanto e non solo da un punto di vista quantitativo; se è vero infatti che l’ex impero di mezzo ha una popolazione pari a quasi un quinto di quella del pianeta e produce oltre il 13% del Pil mondiale, il mega-vertice cinese intende ora segnare un cambio di passo in termini qualitativi del Sistema Cina. In primo luogo, dimostrando ai Paesi avanzati che con il progetto della Nuova Via della Seta e con la creazione dell’Asian Infrastructure Investment Bank la Cina intende realizzare progetti logistici, infrastrutturali e di cooperazione internazionale in grado di sovrastare la “concorrenza” di quanto in via di realizzazione grazie al contributo delle istituzioni multilaterali a trazione occidentale. La Cina si candida così a paladino delle economie emergenti (paesi della cintura eurasiatica e Africa) e assume quello stesso ruolo degli Stati Uniti con il piano Marshall, dopo la seconda guerra mondiale.

Quanto al fronte ambientale: dopo essere diventato il principale investitore in tecnologie pulite del mondo (con oltre 60 miliardi di dollari l’anno di investimenti), Xi Jinping ha ieri ratificato il trattato «COP21»; una posizione, questa, inimmaginabile anche solo un paio di anni fa. La Cina intende in altra parole, nonostante il pesante fardello di un sistema industriale obsoleto, indicare al mondo l’ineludibilità di una prospettiva di sviluppo sostenibile. E non lo fa certo da «follower», come era fin qui accaduto.

È sul fronte della politica economica che si celano invece le insidie maggiori. Attaccata dal mondo occidentale per il fatto di erigere barriere protezionisti-che e attuare politiche di dumping(si pensi all’acciaio), la Cina, per il tramite del suo Presidente, dovrà ora dimostrare di volere veramente cambiare. Probabilmente, nella due giorni di Hangzhou, Xi Jinping cercherà di evidenziare come i temi dell’«overcapacity» e del dumping possono essere affrontati con un dialogo. rServiranno gesti concreti e certamente verranno presentate al mondo le opportunità offerte dalle ulteriori sette «Free Trade Zone» che proprio questo venerdì il governo di Pechino ha deciso di insediare (ne erano fin qui attive solo quattro).

Insomma, a fronte di una Cina che rallenta la sua crescita economica (anche se la sola crescita del suo Pil, quest’anno, è pari al dato di un intero Paese G20, la Turchia), con Hangzhou si completa il percorso di una Cina ora politicamente protagonista nello scacchiere internazionale, capace di proporre al mondo la prospettiva del suo «new normal», un modello di sviluppo fondato su innovazione, coordinamento, green economy, apertura e condivisione.

E i riflessi di questo cambiamento per l’Italia? Molto positivi. Una Cina che punta su crescita inclusiva e qualità dei prodotti, oltre a vantare una classe media in costante crescita, non può che guardare con grande attenzione alla manifattura, all’automazione industriale italiana nonché al suo sistema sanitario. L’Italia deve inoltre far leva sulla sua posizione baricentrica nel Mediterraneo per sviluppare con la Cina importanti progetti di cooperazione industriale,in Africa, e diventare pivot logistico per lo scambio di merci tra occidente e oriente. Abbiamo infine e finalmente condizioni politico-istituzionali adeguate: il Presidente del Consiglio Renzi ha dichiarato ieri a Shanghai che l’attenzione del governo per la Cina continuerà a crescere e verrà varato un «Piano Cina» sempre più aggressivo, finalizzato a ridurre il nostro deficit commerciale. La nostra ambasciata ha varato un’importante azione di sistema per favorire l’integrazione tra il mondo dell’industria e la componente universitaria, un elemento fondamentale per lo sviluppo della presenza economica italiana in Cina.

In scia alla nuova Cina possiamo trovare, almeno in parte, la via di una crescita robusta; lo stop negoziale del Ttip ci dice che bisogna guardare convinti a Est; il mondo ormai ha il suo baricentro nel Pacifico ed è lì che vanno concentrati i nostri sforzi.

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