In manovra ci sarà spazio per il piano Industria 4.0. Lo conferma il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda a margine del Forum di Cernobbio. «In realtà - dice - è un piano sulla competitività e sulla produttività delle aziende che è molto forte». E alcuni dei contenuti, peraltro anticipati dal Sole 24 Ore nei giorni scorsi, vengono illustrati alla platea di imprenditori ed economisti nel panel conclusivo del Forum. Il piano, dice Calenda, conterrà «fortissimi incentivi fiscali a ricerca e innovazione, per investimenti tout court e per quelli legati a Industria 4.0» (su quest’ultimo punto si utilizzerà lo strumento dei superammortamenti).
Un ulteriore capitolo legato all’innovazione, sarà «l’indicazione - fatta insieme al ministro Giannini - di università di eccellenza sul tema della manifattura innovativa che dovranno costituire 4-5 competence center a cui assegnare risorse e nell’ambito dei quali le aziende lavorino insieme». Sul fronte tecnologico, infine, «è in perfezionamento un lavoro sugli standard» e l’interoperabilità, di cui Calenda ha parlato con i ministri di Francia e Germania.
Ci sarà poi l’atteso intervento sul salario di produttività e , per quanto riguarda l’accesso al credito, è ormai pronta una «totale ricostruzione e una spinta al Fondo centrale di garanzia, perché si concentri sugli investimenti e i rating medio bassi, altrimenti è solo un modo per dare inutilmente risorse alle banche. E questo riassetto sarà pronto per il 10 settembre».
Il nodo delle risorse e la fiducia sulla flessibilità Ue
Calenda sembra non avere dubbi: «L’equità va coniugata con la crescita, lo scenario resta difficile e non ci sono scorciatoie per un Paese con il nostro debito pubblico, che non possiamo permetterci di fare aumentare». La crescita, a giudizio del ministro, si può alimentare lavorando «sui fattori dell’offerta», soprattutto se legati a un progetto di innovazione di medio-lungo periodo per il Paese. Sui dettagli delle misure che entreranno in manovra, e sulla relativa portata finanziaria evidentemente, molto dipenderà dalla flessibilità che sarà concordata con la Commissione europea e da quanto su questo punto l’Italia vorrà forzare con la Ue, decisione quest’ultima che alla fine dovrà assumere il premier.
L’ex rappresentante italiano a Bruxelles ha comunque una sua visione molto precisa, e sostanzialmente fiduciosa, dei margini per negoziare con la Ue. «Noi chiediamo - dice Calenda a margine del Forum - flessibilità da investire sulla crescita e sulla competitività accompagnandola con un piano di riforme serio e forte e questo è quella flessibilità condizionata che è alla base della comunicazione su questo tema della Commissione europea». «Ci mancherebbe che l’Europa si volti dall’altra parte mentre il G20 chiede crescita, crescita, crescita - aggiunge -, far ripartire gli investimenti e la crescita è un problema che sta diventando mondiale e che l’Europa non può semplicemente ignorare. In questo senso credo che i margini per negoziare la flessibilità ci siano».
L’attrattività del Paese e la legge per la concorrenza
Calenda, commentando i dati del nuovo Indice Ambrosetti sull’attrattività dei Paesi, in cui l’Italia risulta 14esima, osserva che diventa sempre più importante un lavoro per comunicare meglio all’esterno «le cose che accadono nell’attività di governo» ma anche nel mondo delle imprese. Il riferimento è «all’innovazione incrementale, fatta sulla catena di montaggio, che va considerata anche se non è catolagabile tramite brevetti ad esempio».
Ma il tema va strettamente correlato anche all’efficacia delle riforme. Quella costituzionale, con il superamento del bicameralismo, offre la possibilità di una riflessione sul disegno di legge per la concorrenza, incagliato da quasi 500 giorni tra Camera e Senato. «Un pezzo di Parlamento pensa forse sia una legge contro la concorrenza, chiedendo ad esempio di fissare le tariffe assicurative, ma quello che colpisce è soprattutto il continuo rimpallo tra Camera e Senato. Come si fa in questo modo a fare una legge annuale per la concorrenza? Forse in questo modo si fa una legge decennale sulla “non” concorrenza».
Il rafforzamento della governance in Italia e in Europa
Le riforme, osserva Calenda, possono incutere timore in un mondo spaventato dalle promesse tradite della globalizzazione . «La promessa mancata di un mondo ideale era stata fatta da una classe dirigente riformista. Ora quando
la parola riforma compare sulle agende c’è grandissimo timore»
e parlare di riforme istituzionali di governance fa ancora più
paura. Eppure solo «un fortissimo rafforzamento della governance, che deve essere molto più rapida, è un efficace antidoto alla paura della modernità».
No all’introduzione di una patrimoniale
Calenda, interpellato dalle agenzie, ha poi osservato che a suo parere l’introduzione di una patrimoniale sarebbe «sbagliata». «Penso che in questo momento dobbiamo continuare nel percorso della riduzione fiscale e cercare di indirizzare la riduzione della pressione, che può essere fatta in modo selettivo, con incentivi fiscali agli investimenti, verso gli obiettivi che ci traguardiamo, come per esempio la ripresa degli investimenti».
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