Va senz’altro bene se – come emerge dal Global attractiveness index rilanciato ieri a Cernobbio da European-House Ambrosetti – nella classifica mondiale guadagniamo posizioni per quel che riguarda il livello di attrattività degli investimenti esteri. Anche al di là della metodologia utilizzata (aspetto tutt’altro che marginale), il passaggio chiave in grado di far compiere alla nostra economia quel deciso balzo in avanti che tuttora fatica a emergere è puntare con assoluta decisione sul recupero della produttività perduta negli anni della grande crisi e ancor prima. È la sfida della prossima legge di bilancio.
Innovazione nel solco delle tecnologie digitali (la quarta rivoluzione industriale), investimenti in settori strategici, una pubblica amministrazione efficiente, un sistema fiscale orientato al sostegno della crescita, apertura al mercato nei settori tuttora impermeabili al vento benefico della concorrenza: l’elenco delle priorità è nutrito. Certo, la coperta è corta, le risorse sono limitate ed è anche per questo che vanno canalizzate verso l’obiettivo strategico numero uno: crescita, produttività, competitività. Non pare più tempo di sterili confronti sugli “zero virgola” di crescita in più o in meno. La dura realtà dei dati, ribadita due giorni fa dall’Istat (crescita zero nel secondo trimestre dell'anno) conferma che la ripresa già in atto dallo scorso anno procede a ritmi lenti. E allora vanno operate le scelte giuste, ormai non più rinviabili, creando in tal modo le premesse per una politica economica realmente “espansiva”.
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