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«Tre ricette a misura di Italia»

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INTERVISTA

«Tre ricette a misura di Italia»

Adriano Di Pietro: Direttore Scuola europea alti studi tributari
Adriano Di Pietro: Direttore Scuola europea alti studi tributari

«La concorrenza fiscale è legittima, ma deve essere leale, trasparente e di sistema». L’Irlanda con il caso Apple «ha cercato, con una logica nuova, di massimizzare il gettito di imposta per creare posti di lavoro e crescita. Dal punto di vista politico si tratta di un’opzione interessante che lega la fiscalità allo sviluppo dell’economia, ma da quello giuridico e tecnico è venuto meno il principio della trasparenza». A parlare è Adriano Di Pietro, direttore della Scuola Europea di Alti Studi Tributari dell’Università di Bologna che analizza i risultati del confronto tra le basi imponibilidelle imposte sulle società di dieci Paesi europei significativi. «I meno attrattivi per le imprese sono i grandi Paesi. L’Italia è però il più attrattivo tra quelli con meno appeal», dice Di Pietro, indicando le possibili strade da percorrere.

Accordi con Apple a parte, l’Irlanda si conferma il Paese con il maggiore appeal per le imprese in generale. Come lo spiega?

Dublino mantiene il primato perché combina aliquote basse e variazioni fiscali della base imponibile generose e quasi sempre più convenienti degli altri Paesi, come l’esenzione dei dividendi e delle plusvalenze e l’aliquota ridotta del 6,25% per l’utilizzo di brevetti. Agli antipodi è la Francia, che appare il Paese meno attrattivo e meno europeo nel senso che ritarda il processo di avvicinamento che riguarda un po’ tutte le variazioni, seguita a breve distanza dalla Germania. La vera sorpresa tra i grandi è l’Italia, che nonostante un’aliquota superiore alla media Ue appare la più innovativa nelle scelte di politica fiscale. Un aspetto nuovo che emerge dal confronto tra le basi imponibili è che il terreno di competizione è diventato di nicchia: l’atttrattività di un Paese o di un altro dipende dal settore di appartenza dell’impresa. Così a fianco dell’Irlanda emergono altri Paesi convenienti dal punto di vista fiscale per le imprese (si veda l’articolo sopra).

Su quali aspetti ci sono margini di intervento per il nostro Paese?

Le possibili vie sono essenzialmente tre. In primo luogo un ritocco dell’aliquota che supera la media Ue. L’ipotesi di un superammortamento attualmente allo studio sarebbe inoltre una misura nella giusta direzione, così come nuove agevolazioni per gli investimenti in Ricerca & Sviluppo, sulla scia delle buone pratiche messe in campo da altri Paesi. Questi interventi accrescerebbero inoltre la distanza già esistente con Francia e Germania.

In questo scenario l’imponibile unico europeo è destinato a rimanere una chimera?

La discussione politica sul tema tiene banco da dieci anni, un tempo smisurato che forse rivela che si tratta di un’idea debole. Va detto inoltre che l’ipotesi si riferiva esclusivamente ai gruppi e poneva una serie di complessità nella gestione delle imposte tra Paesi. Se però la convergenza imposta dall’alto non arriva, il confronto tra le basi imponibili mostra che si sta verificando una spinta “dal basso” a livello generale nella tassazione sulle imprese e non limitata ai gruppi, dettata da necessità di concorrenza fiscale, con scelte nazionali. La tendenza dovrebbe proseguire e intensificarsi anche nei prossimi anni.

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