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4/7 M5S/Le dimissioni di Minenna, Raineri e dei vertici Ama e Atac

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    campidoglio

    Dal caos nomine alle email, così il caso Roma ha fatto traballare il M5S

    A due mesi dall'insediamento la giunta Raggi è nella bufera. Ultima tegola sono le indagini della procura sull’assessora al Bilancio Paola Muraro. Ma sono numerosi gli inciampi della sindaca sin dai primi mossi dopo il suo insediamento il 23 giugno. E le disavventure della giunta Raggi si stanno ripercuotendo anche su tutto il Movimento nazionale. Nel mirino è finito Luigi Di Maio, membro del direttorio, finora candidato premier in pectore del M5S, sotto accusa per aver negato di sapere delle indagini in corso sull'assessora Muraro, malgrado sia stato avvisato via email dal mini-direttorio romano.

    4/7 M5S/Le dimissioni di Minenna, Raineri e dei vertici Ama e Atac

    Il 1° settembre, a sorpresa, si dimettono contemporaneamente l’assessore al Bilancio, Partecipate e Patrimonio, Marcello Minenna, e il capo di gabinetto Carla Romana Raineri. Alla base della rottura un parere dell'Anac, richiesto da Raggi, secondo cui ci sono stati degli errori nella nomina di Raineri. Raggi comunica in un post notturno la scelta di revocare il capo di gabinetto in autotutela. In mattinata vengono annunciate le dimissioni «irrevocabili» da parte di Raineri e Minenna. I due erano stati chiamati dall'ex commissario Francesco Paolo Tronca a coadiuvarlo nell'era difficile del dopo-Marino, e si erano sempre mossi in coppia.

    Come se non bastasse, ad alimentare il caos romano arrivano quello stesso giorno in sequenza altre tre dimissioni pesanti: di Alessandro Solidoro, amministratore unico di Ama (sponsorizzato da Minenna), arrivato da meno di un mese alla guida dell'azienda dei rifiuti. Dopo l’addio di Minenna, Solidoro «ha ritenuto venute meno le condizioni per l'incarico affidatogli». A ruota abbandonano i vertici di Atac (l’azienda dei trasporti capiitolina). Se ne vanno il dg Marco Rettighieri e l’amministratore unico Armando Brandolese. Le dimissioni vengono formalizzate dopo giorni di polemiche col Campidoglio tacciato di «ingerenze e intromissioni».

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