ROMA
«Ogni tanto qualche c …ta la facciamo anche noi. Oggi Virginia Raggi è dentro una cosa che non auguro a nessuno. Andrà avanti, e noi vigileremo che il programma sia attuato». È Beppe Grillo, dal palco di Nettuno dove con il direttorio al completo si è concluso il tour “Costituzione coast to coast” di Alessandro Di Battista per il no al referendum sulle riforme, a tentare di ricompattare il Movimento Cinque Stelle scosso dalle liti e dagli scontri che ruotano intorno alla giunta capitolina guidata da Raggi. È Grillo che indossa i panni inediti del mediatore: «Devo fare il capo politico». Ed è sempre lui a risfoderare le parole d’ordine, “vaffa” compreso, che scaldano i cuori della base: «Più il sistema reagisce compatto contro di noi, più abbiamo ragione».
Sul palco dopo Grillo sale Luigi Di Maio, che ammette di aver saputo del fascicolo aperto dalla procura di Roma sull’assessora all’Ambiente della giunta Raggi, Paola Muraro: «Ho commesso un errore, ho sottovalutato pensando che fosse il risultato dei 14 esposti presentati dall’ex Ad di Ama Fortini, nominato dal Pd, e non l’ho detto ai colleghi del direttorio». Poi però attacca: «Oggi sono diventati tutti Sherlock Holmes. Dov’erano quando c’era Mafia Capitale?». E ribadisce: «Non accetteremo la logica delle Olimpiadi». Un nuovo no a Roma 2024, ripetuto anche da Di Battista, il più applaudito. Come a sottolineare che su quel fronte Raggi non potrà tradire la linea. Nel mirino dei parlamentari i nemici storici del Movimento: i partiti, i giornali e i Tg che parlano di Roma invece che delle emergenze reali del Paese, la «riforma della Costituzione scritta da Renzi, Verdini e Boschi» (Carlo Sibilia), il «metodo di lavoro ottocentesco del Parlamento» (Roberto Fico), le lobby.
L’appuntamento serale arriva a conclusione di un’altra «giornata complessa», come la definisce Grillo tra una battuta e l’altra. Prima il blindatissimo incontro fiume del garante con i cinque deputati del direttorio che martedì avevano dettato le loro condizioni a Raggi. Poi una telefonata, e non un faccia a faccia, con la sindaca, chiusa in Campidoglio tutto il giorno. Una conversazione accesa, raccontano. Grillo raccomanda di restare uniti e chiede chiarimenti sulla posizione di Muraro.
La sindaca tiene il punto, senza cedere alle richieste perentorie del direttorio: le dimissioni di Muraro e del neoassessore al Bilancio Raffaele De Dominicis oltre all’allontanamento del duo Romeo-Marra, i fedelissimi di Raggi e del vicesindaco Daniele Frongia piazzati in posizioni chiave. L’assessora all’Ambiente – fa sapere Raggi con un video pubblicato anche sul blog di Grillo - resta al suo posto. Perché «vogliamo leggere le carte» e «saranno i pm a decidere se c’è una ipotesi di reato o si va verso una richiesta di archiviazione. Non i partiti o qualche giornale». Se emergeranno illeciti «non faremo sconti», ma intanto «deve continuare a impegnarsi per mantenere pulita la città». La nomina di De Dominicis al Bilancio al posto di Marcello Minenna neanche si discute. Restano le due mosse cui la sindaca si era già detta disponibile. Raffaele Marra, ex collaboratore di Alemanno e Polverini, «sarà ricollocato»: da controverso vice capo di gabinetto (criticato da Minenna e dalla ex capo di gabinetto Raineri, ma anche dall’assessore all’Urbanistica Paolo Berdini che ne aveva auspicato «un passo indietro») passerà temporaneamente – precisano dallo staff di Raggi - a nuovo direttore del dipartimento Sviluppo economico, attività produttive e agricoltura, al posto della dirigente Silvana Sari. Poi si vedrà. Il capo segreteria Salvatore Romeo rimane al suo posto, ma già domani in giunta dovrebbe arrivare la delibera che taglia il suo compenso (era stato triplicato dai 40mila euro che percepiva come funzionario a 120mila) e alcune deleghe.
«Vincono tutti e non vince nessuno», sintetizza un parlamentare Cinque Stelle. Perché, a dispetto della strategia di comunicazione che tenta di ridisegnare un Movimento ricompattato contro «l’accanimento» e capace di concedere autonomia ai suoi sindaci (il mini-direttorio romano è di fatto eliminato), i veleni non si placano. Di Maio perde posizioni nella corsa alla candidatura a premier. La struttura stessa del direttorio è sotto tiro. Pesano sulla capitale la tegola dell’inchiesta della procura di Roma che pende su Muraro, i dossier rifiuti e trasporti, che con la riapertura delle scuole rischiano di esplodere, le nuove nomine che mancano ancora all’appello: dal capo di gabinetto al titolare della delega sulla casella cruciale delle partecipate (che Raggi potrebbe tenere per sé), fino al nuovo amministratore unico di Ama.
Il vero collante che tiene insieme tutti, dai vertici ai pentastellati in Campidoglio, è la consapevolezza di dover andare avanti per non perdere la partita romana. Ma anche dentro al M5S sono convinti che Grillo abbia spuntato una tregua armata, non la pace.
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