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Il bilancio dei primi due mesi: 30 delibere, ci sono 21 nomine

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IL focus

Il bilancio dei primi due mesi: 30 delibere, ci sono 21 nomine

Nove riunioni della giunta nei primi due mesi di vita dell’amministrazione di Virginia Raggi, per un totale di trenta delibere approvate, 13 delle quali hanno riguardato le nomine di 21 persone dei vari staff e dei vertici di Ama, la partecipata dei rifiuti. Un bottino pari alla metà di quello della precedente amministrazione di Ignazio Marino, che nei primi sessanta giorni, nell’estate 2013, varò 58 provvedimenti, il 75% dei quali per stabilire incarichi e compensi di una sessantina di collaboratori suoi e degli assessori, con il solito strascico di polemiche.

Ma se l’esordio di Marino sarà ricordato soprattutto per la bici, lo zaino in spalla e la pedonalizzazione dei Fori imperiali varata in pieno agosto (la giunta Raggi ha sospeso la sperimentazione di quella integrale), quello della sindaca Cinque Stelle rischia di passare alla storia per gli addii e le false partenze che stanno rendendo un’impresa la composizione della macchina amministrativa: il 1° settembre la sindaca ha perso in blocco il capo di gabinetto, l’assessore al Bilancio, patrimonio e partecipate, l’amministratore unico di Ama, la partecipata dei rifiuti, e i due vertici dell’Atac, la società della mobilità. La poltrona dell’Ambiente vacilla. E, a parte la guida di Atac che è stata prontamente “coperta”, le altre caselle sono ancora vacanti, dopo il passo indietro di ieri sull’ex magistrato Raffaele De Dominicis che avrebbe dovuto andare al Bilancio. Con conseguenze pratiche sulle misure in cantiere: rischia di saltare il nuovo assestamento tecnico promesso entro settembre dall’ex assessore Minenna per recuperare 70 milioni cancellando poste fantasma e duplicazioni di spesa. E senza regìa politica resta al palo il riordino delle partecipate, compresi i delicatissimi dossier rifiuti e trasporti. In queste ore si sta decidendo se la relativa delega possa essere tenuta per sé dalla sindaca. Che due giorni fa ha ricevuto in Campidoglio Catia Tomasetti, presidente della multiutility dell’energia e dell’acqua quotata in Borsa di cui - ha più volte ripetuto Raggi - Roma Capitale «ha intenzione di mantenere saldamente la quota del 51%».

Il provvedimento più rilevante approvato finora dalla giunta Raggi è di fatto l’assestamento di bilancio sfornato entro la scadenza di fine luglio, con un saldo di finanza pubblico pari a 1,6 milioni di euro. Sono stati inoltre reperiti in corsa, sempre grazie all’operazione di pulizia del bilancio avviata da Minenna, i primi 18 milioni dei 54 destinati ai materiali rotabili di Atac («spariti», secondo quanto riferito da Raggi stessa) necessari per avviare i lavori di manutenzione sulla metro A. Disco verde anche al protocollo d’intesa con il ministero dei Trasporti sul grande raccordo anulare delle bici, una delle 4 ciclovie d’interesse nazionale il cui costo è stimato tra i 4 e i 6 milioni, e quello per la gestione dei beni sequestrati e confiscati, che attiva un tavolo ad hoc coordinato dal tribunale di Roma. In porto, nonostante i tempi stretti, sono andati i progetti da oltre 50 milioni per partecipare al bando sulla riqualificazione delle periferie, che scadeva il 29 agosto e vale 40 milioni per ogni area metropolitana. Sì anche all’istituzione della rete dei punti “Roma facile”, centri d’accesso assistiti per i servizi digitali. È stata invece l’assemblea capitolina, che si è riunita in tutto sei volte (due per approvare l’assestamento e le linee programmatiche di Raggi) a varare la delibera sulla riqualificazione dell’area della ex Fiera di Roma, con il ridimensionamento dell’intervento urbanistico dai 67.500 metri quadrati previsti dalla giunta Marino a 44.360 metri quadrati.

Se sui trasporti l’altro gol è stato lo sblocco dell’acquisto in leasing di 150 nuovi autobus (i primi 40 arriveranno a novembre), va risolto subito il nodo della manutenzione del parco attuale, funestato dai guasti, per garantire un aumento delle corse. E in cantiere c’è una riforma per la mobilità sostenibile, cavallo di battaglia del M5S, che va dalle pedonalizzazioni all’aumento delle corsie preferenziali.

Ma è sulle nomine che Raggi ha inciampato. Dalle primissime, effettuate il 28 giugno con una delle 62 ordinanze firmate finora, su cui la sindaca ha dovuto fare retromarcia otto giorni dopo (l’attuale vicesindaco Daniele Frongia era stato nominato capo di gabinetto, vice capo vicario Raffaele Marra), alle ultime. La prima nomina transitata dalla giunta - dove sindaca e assessori hanno esordito il 19 luglio - è stata quella dell’amministratore di Ama, già dimissionario, seguita dall’ex capo di gabinetto Carla Raineri, cui era stato riconosciuto un compenso di 193mila euro annui. Era il 5 agosto, da allora sono seguite altre 19 nomine (con dieci provvedimenti) per comporre gli staff, più due delibere relative ai vertici Ama. Il 9 agosto - mentre l’allora responsabile delle risorse umane Laura Benente era in ferie (subito dopo è tornata all’Inps di Torino, da cui era stata “comandata” nella capitale in epoca Marino e Tronca) - è stata approvata la delibera più controversa, che oggi in giunta dovrebbe essere rivista: quella con cui è stato nominato capo segreteria di Raggi il funzionario comunale Salvatore Romeo, fedelissimo della sindaca, di Frongia e di Marra, collocato in aspettativa e riassunto con stipendio triplicato da 40mila a 120mila euro. La giunta odierna dovrebbe sforbiciare il suo compenso in modo che non superi i 60mila euro e cancellare le deleghe che gli erano state assegnate: curare i rapporti con l’esecutivo capitolino e con le partecipate. Mentre Marra andrà proprio al personale, almeno fino a ottobre, al posto di quella Benente con cui si era sempre scontrato.

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