ROMA
Si è conclusa ieri la “tre giorni” romana di Beppe Grillo. Ed è diventato evidente che la tregua armata con l’amministrazione capitolina di Virginia Raggi - alla ricerca affannosa delle figure necessarie per riempire le caselle vuote della sua giunta - passa per il no a Roma 2024, il messaggio più chiaro lanciato mercoledì dal palco di Nettuno. Che Grillo ha voluto “rinforzare” ieri pubblicando sul blog un post di Elio Lannutti, presidente Adusbef, dal titolo eloquente: «Olimpiadi a Roma, no grazie». Transita da lì, per il garante, il recupero nella capitale dello «spirito del Movimento» che i detrattori interni della sindaca ritengono tradito. E i giochi - è il ragionamento - sono la metafora perfetta di quei «poteri forti» ai quali il M5S si propone come alternativa.
Non a caso, sempre sul blog delle Stelle è seguito un altro post firmato da Grillo, rivelatore del ricorso alla strategia del complotto concordata con il direttorio: «L’accanimento mediatico di giornali e telegiornali di regime contro il M5S serve a coprire i dati economici che mostrano un Paese che va a rotoli». Segue il cahier des doléances, dai dati «devastanti» su assunzioni e licenziamenti alla ripresa «che non esiste e non è mai esistita». Con l’attacco a Matteo Renzi: «Si preoccupa di salvare la poltrona in vista del referendum, ma qui c’è un Paese da salvare». Sposa in pieno la linea Luigi Di Maio, “ammaccato” dal caso Muraro: Roma, ha sostenuto ieri, «è stata usata come un manganello contro il M5S». Sull’obiettivo non arretra: «Spero di portare questo movimento, insieme a tutti gli altri, al governo dell’Italia».
Raggi ha chiara la posta in gioco, ma anche i suoi margini di autonomia: sa che trattarla come Pizzarotti, arrivando a toglierle il simbolo, significherebbe abbandonare il sogno della scalata al timone del Paese. Per questo oscilla tra resistenze e concessioni. Il segnale sulle Olimpiadi è stato raccolto già due giorni fa, quando ha fatto trapelare che il gran rifiuto sarà annunciato dopo il 18 settembre, alla fine delle Paralimpiadi. E ha annullato l’audizione sulla candidatura prevista martedì in commissione Cultura al Senato.
Il popolo dei grillini esulta, il fronte dei critici s’ingrossa. Non solo il governo e i dem, con il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda che parla di «messaggio dannoso», quello di una capitale incapace di «produrre un progetto sul suo futuro». Non è sfuggito l’editoriale di Avvenire, la voce dei vescovi della Cei: «La rivoluzione non è rifiutarle (il mondo ne ha ancora bisogno) ma gestirle nell’onestà». Oggi Raggi sarà proprio Oltretevere per un evento dell’Azione Cattolica: sarà la sua seconda volta in Vaticano. Intanto cerca di recuperare una parvenza di normalità: ieri si è riunita la giunta, ma è slittato a dopo la due diligence complessiva sulle delibere il taglio al compenso del capo segreteria Salvatore Romeo. L’urgenza sono le nomine, a partire dal Bilancio rimasto vacante dopo lo stop a Raffaele De Dominicis: 14 i candidati al vaglio. Tra loro c’è Ugo Marchetti, generale della Guardia di finanza e magistrato della Corte dei conti. Alfio Marchini lo avrebbe designato alle Partecipate se fosse stato eletto. E si continua a cercare anche un possibile sostituto di Paola Muraro all’Ambiente, che vacilla.
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