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Renzi: sull’Italicum confronto con tutti

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Renzi: sull’Italicum confronto con tutti

«Finalmente abbiamo sparecchiato il tavolo da tutte le cose che impedivano una sana discussione di merito nel referendum sulla riforma costituzionale: abbiamo spersonalizzato, come richiesto da tutti o quasi, e non parliamo più di durata del governo o della legislatura; abbiamo dato la disponibilità a cambiare la legge elettorale e siamo pronti a confrontarci in modo libero con tutti; abbiamo dimostrato che questa riforma non tocca minimamente il sistema dei poteri del premier, del controllo e delle garanzie».

Dopo il comizio di chiusura della Festa nazionale dell’Unità a Catania, domenica sera, Matteo Renzi torna sul tema della riforma costituzionale sulla quale si voterà tra fine novembre e inizio dicembre nonché sul tema delle eventuali modifiche all’Italicum. E non a caso Renzi sottolinea la disponibilità ad un confronto senza pregiudizi «con tutti», intendendo tutte le forze politiche e non certo la sola minoranza del Pd. Perché alla fine, anche se dovesse accadere il miracolo di una pax interna alla quale ormai non crede più nessuno, come ricorda il vicesegretario dem Lorenzo Guerini «da soli la legge elettorale non possiamo cambiarla». Ma proprio la genericità dell’offerta di Renzi è stata letta dagli esponenti della minoranza interna come una “melina”, ossia una mossa tattica per non creare ulteriori divisioni senza la reale volontà di cambiare l’Italicum. E la novità di queste ore è proprio lo spostamento della minoranza dem, con Roberto Speranza e i parlamentari bersaniani, sulla posizione del No al referendum. Anche se questo schieramento per il No non comporterà l’adesione ai comitati per il No (se non altro per distinguersi da Massimo D’Alema) né comporterà un outing esplicito da parte dell’ex segretario Pier Luigi Bersani. Almeno da quello che raccontano i parlamentari a lui più vicini, Bersani per «senso di responsabilità» dovrebbe occupare lo spazio della libertà di coscienza senza mettersi a fare campagna attiva per il No. Anche se ancora ieri sera, alla Festa dell’Unità di Roma, ribadiva: «Se si votasse domani certo che voterei No. Non vedo nessuna apertura, prima devono dire di aver sbagliato a porre la fiducia sull’Italicum».

Che l’apertura sulla legge elettorale del premier sia in realtà “melina”, come sostengono i suoi oppositori interni, è presto per dirlo. Ma certo Renzi mette un paletto importante: non deve essere messa a rischio la governabilità garantita dall’Italicum. E quindi, tradotto, il premio di maggioranza e il doppio turno non si toccano. Non a caso in questi giorni tra i parlamentari renziani circola l’ipotesi del Provincellum come risposta a chi critica i capilista bloccati: si tratta di un sistema complesso, come spieghiamo qui sotto, ma che comunque prevede il ballottaggio tra le prime due liste e il premio fino al 60% per chi vince. Al ballottaggio garanzia di governabilità dunque Renzi non rinuncia. Insomma, le preoccupazioni del premier sono in un certo senso opposte a quelle espresse recentemente dal presidente emerito Giorgio Napolitano: l’ex Capo dello Stato, e non solo lui, considera prioritario non consegnare il Paese, per il possibile effetto del “tutti contro Renzi” al ballottaggio, a un partito anti-euro come il M5S mettendo piuttosto in conto una grande coalizione alla tedesca; Renzi invece pensa che una nuova grande coalizione sia benzina per il gran falò grillino e non considera negoziabile il ballottaggio e la conseguente certezza di un vincitore la sera delle elezioni.

Ci sono poi due variabili non di poco conto, oltre al fatto che M5S e Fi vogliono aspettare il referendum, che impediscono una trattativa sulla legge elettorale ora: la decisione della Consulta sui ricorsi contro l’Italicum attesa per il 4 ottobre e appunto il referendum stesso. E la Consulta, riferiscono fonti parlamentari, potrebbe anche decidere di rimandare la sentenza a dopo il referendum per motivi “procedurali”: se passa la riforma passa anche il giudizio preventivo dei giudici costituzionali sull’Italicum (e sulle future leggi elettorali); e se invece la riforma non passasse la funzionalità dell’Italicum cambierebbe radicalmente dal momento che resterebbe in piedi il Senato da eleggere con il proporzionale Consultellum.

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