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Editoria, ok unanime a tetto (240mila euro) per stipendi Rai

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palazzo madama

Editoria, ok unanime a tetto (240mila euro) per stipendi Rai

Via libera unanime (un solo astenuto M5S) dall’Aula del Senato all'emendamento al ddl editoria - presentato dal relatore Roberto Cociancich (Pd) - che fissa per gli stipendi Rai il tetto di 240 mila euro previsto per gli amministratori pubblici. Il limite si applica «agli amministratori, al personale dipendente e ai consulenti» della tv pubblica. L’emendamento del relatore prevede che il tetto degli stipendi Rai non potrà essere superato nemmeno in caso di emissione di bond da parte dell'azienda. Il governo benedice l’operazione, in attesa del voto finale a Palazzo Madama atteso per giovedì mattina, e ammonisce la Rai ad intervenire al più presto: «Se non ci sono rapidamente soluzioni convincenti, definitive ed in linea con lo stato d'animo del paese, nessuno deve aver dubbi che Renzi interverrà in legge di stabilità e metterà la parola fine a questa storia», avverte il sottosegretario Giacomelli

La riforma dell’editoria compierà domani mattina il suo secondo giro di boa e otterrà in Senato, con qualche novità rispetto al testo approvato alla Camera nel marzo scorso, il via libera ad un intervento complessivo sul settore. Tra le novità approvate, anche la previsione di un tetto allo stipendio dei giornalisti, collaboratori e amministratori delle testate che otterranno i contributi pubblici. Una norma approvata
poi oggi, ma ampiamente “annacquata”: i fondi saranno ridotti in proporzione ai compensi di personale, collaboratori e
amministratori che sforino il limite.

Ok unanime Senato a tetto stipendi Rai
L’unico parlamentare ad essersi astenuto sulla norma che introduce il tetto agli stipendi Rai è il senatore Giovanni Endrizzi del M5S che ha votato in dissenso
dal suo gruppo che, invece, ha detto sì. I 5 Stelle, infatti, con Alberto Airola, avevano ribadito di essere stati loro “i primi” a protestare contro gli
“stipendi d'oro” nel servizio pubblico radio Tv. Anche gli altri gruppi tra cui FI e Lega hanno rivendicato la paternità della decisione. Soprattutto Roberto Calderoli che, avendo «presentato per primo l’emendamento» in questo senso, ha chiesto e ottenuto che si votasse prima la sua proposta di modifica di quella di Cociancich. «Voteremo convintamente sì a questo emendamento - aveva detto Lucio Malan (FI) - perché è frutto del nostro lavoro».

Nella gara tra i partiti ad intestarsi la norma contro le mega retribuzioni è il Pd, con Francesco Verducci, ad esprimere grande soddisfazione: «Con questo emendamento, su iniziativa parlamentare - afferma il vicepresidente della Commissione di Vigilanza - la Rai farà un ulteriore salto di qualità su trasparenza e riordino delle retribuzioni, sanando la troppa confusione e le troppe iniquità, spesso stratificatesi negli anni, che ne compromettono pesantemente la credibilità e l'autorevolezza».

Ok emendamento Calderoli su tetto stipendi
Nell'esame del ddl sull’editoria al Senato, il tema del tetto agli stipendi ha tenuto banco anche su un altro fronte. È stato approvato oggi infatti anche l’emendamento a prima firma Calderoli che prevede una riduzione di accesso al Fondo per gli ammortizzatori sociali per quell’azienda editoriale che ha il proprio personale, i propri collaboratori e amministratori con stipendi che superano il tetto dei 240mila euro previsto per la Pubblica Amministrazione che poi è lo stipendio previsto per il presidente della Repubblica. Il testo è stato riformulato rispetto alla versione originaria presentata ieri da Calderoli.

Le novità della riforma
La riforma dell’editoria prevede il riordino del finanziamento pubblico con l'istituzione di un «Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione» che sarà ripartito con un decreto del Presidente del consiglio. Le risorse arriveranno: da un contributo di solidarietà dello 0,1% a carico dei redditi del mondo della raccolta pubblicitaria; dalle diverse forme di sostegno all'editoria quotidiana e periodica anche digitale; da quelle del Fondo straordinario e quelle destinate a radio e Tv locali; ma anche una quota delle eventuali maggiori entrate del canone Rai che da quest'anno si pagherà in bolletta.





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