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La produttività al centro delle scelte per la crescita

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La produttività al centro delle scelte per la crescita

La crescita resta il problema italiano numero uno e oggi si deve fare tutto il possibile per accelerarla. Ne è consapevole il governo che - ha detto ieri Matteo Renzi - non vuole nascondere la verità agli italiani. È necessario quindi che non si sbaglino le mosse nello snodo decisivo della prossima legge di bilancio e che le misure e le risorse lì contenute siano effettivamente tutte destinate a creare un ambiente favorevole alla crescita.

La principale variabile macroeconomica che oggi soffre è quella degli investimenti: rafforzare la crescita significa quindi tornare a investire e in particolare riattivare la leva (soprattutto fiscale) che favorisce gli investimenti delle imprese. Investimenti sani, investimenti che aiutino il sistema economico e industriale a essere più competitivo nel confronto con i sistemi dei Paesi concorrenti, che contribuiscano ad aumentare la produttività (vero punto debole del sistema italiano da 20 anni in qua), che facilitino la spesa del sistema produttivo in innovazione e tecnologia, che leghino - insieme a meccanismi contrattuali innovativi - i premi salariali aziendali agli incrementi di produttività del lavoro. È fondamentale oggi non sprecare risorse pubbliche in spese improduttive o in una politica di sostegno della domanda che punti a incrementi di reddito slegati dal nodo della produttività. Abbiamo già visto che non aiutano i consumi a ripartire e non favoriscono la crescita che invece ha bisogno di un salto di qualità del nostro sistema produttivo per creare più occupazione stabile.

Il governo ha messo a punto il «piano Italia 4.0» che va nella giusta direzione e può risultare decisivo nel salto di qualità del sistema italiano. È un piano a medio termine, quadriennale, che parte con la legge di bilancio di metà ottobre. La prossima settimana sarà il governo a presentarlo ufficialmente con la «cabina di regìa» guidata direttamente dal premier. Si presenta come una cornice di medio periodo capace di creare quell'ambiente (fiscale, amministrativo, finanziario) più favorevole alle imprese che vogliono crescere, diventare più competitive, investire. Deve essere il cuore della politica economica del governo.

Senza sottovalutare la sua articolazione, nel «piano» ci sono anzitutto tre strumenti che Il Sole 24 Ore e il mondo delle imprese considerano da sempre potenti leve di sviluppo: il superammortamento del 140% per gli investimenti industriali (che, dopo il successo del 2016, sarà confermato e rilanciato anche in una versione più favorevole per alcune categorie di investimenti digitali); il bonus per gli investimenti in ricerca che sarà rafforzato con un “premio” calcolato sul totale delle spese; la detassazione (cedolare secca del 10%) per i salari di produttività aziendali che dovrebbe essere allargata ai lavoratori con redditi superiori ai 50mila (che oggi costituiscono il limite) e dovrebbero crescere per importo oltre i 2.500 euro annuali attuali. Senza trascurare altre misure, come la ricapitalizzazione del fondo di garanzia, che pure aiuterà le imprese a superare le difficoltà nell'accesso al credito.

Scelte coraggiose che devono trovare conferma nella legge di stabilità e che possono consentire al sistema industriale di ricominicare a correre. Una seria politica dell'offerta. Agevolazioni trasversali, neutre sul piano dei settori, che si presentano come fattori abilitanti della competitività. La politica di riferimento è quella che è stata seguita in Germania, con risultati notevoli sul sistema produttivo: se confermate, le dimensioni del piano italiano, saranno addirittura più ambiziose. Servirà a svecchiare il parco macchine italiano, ad acquistare software, a investire sui giovani ricercatori, a far decollare l'Internet delle cose, a favorire una grande trasformazione del sistema produttivo, a dare un orizzonte di sviluppo a imprese che oggi sono ancora in mezzo al guado.

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