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Pil 2016 a 0,9%, nel 2017 a 1,1-1,2%

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le vie della ripresa

Pil 2016 a 0,9%, nel 2017 a 1,1-1,2%

Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. (Ansa)
Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. (Ansa)

La nota di aggiornamento al Def attesa per il 27 settembre dovrebbe fissare intorno all’1%, probabilmente allo 0,9%, la crescita di quest’anno, che finora le previsioni ufficiali indicavano all’1,2%, mentre per l’anno prossimo l’attesa si attesterebbe a 1,1-1,2% invece dell’1,4% scritto oggi.

Le parole pronunciate ieri all’Euromoney Italy Conference di Milano dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, secondo cui il governo sta per rivedere al ribasso le stime di crescita, non sono esattamente una novità, perché confermano l’annuncio dato dallo stesso Padoan al Parlamento il 27 luglio scorso, all’indomani di Brexit: dopo la gelata certificata dall’Istat nel secondo trimestre, e a poche settimane dal varo della manovra 2017, però, tanto è bastato per riaccendere il dibattito sullo stato di salute della nostra economia. Dibattito in cui, sempre da Milano, è intervenuto anche il premier Matteo Renzi, spiegando le parole di Padoan con il fatto che «il governo non nasconde dati. Noi diciamo la verità, non barzellette». Sulle prospettive, però, il premier rilancia: «Questo segno più è ancora timido rispetto a quello che vogliamo - ammette - ma siamo un Paese che ha messo la marcia su innovazione, banda larga e ricerca, e che vede tutti i segnali utili a fare il grande salto».

I numeri definitivi, si diceva, arriveranno fra due settimane con la nota di aggiornamento al Def, ma al momento le ipotesi si concentrano intorno allo 0,9% di crescita per quest’anno e all’1,1-1,2% per il prossimo. Su questi livelli si collocano le cifre dell’ultimo bollettino di Bankitalia, che ha parlato di crescita poco sotto l’1% nel 2016 e intorno all’1% nel 2017, mentre un po’ più ottimistici sono gli ultimi numeri targati Ocse (1% nel 2016 e 1,4% nel 2017). La svolta in negativo rispetto alle previsioni iniziali, comunque, è stata quella calcolata dall’Istat, che dopo aver confermato la crescita zero nel secondo trimestre ha aggiunto che «l’economia italiana ha interrotto la fase di crescita» e che di conseguenza «la fase di debolezza» sarebbe continuata per i prossimi mesi. L’aumento già “acquisito” dalla ricchezza nazionale, che quindi sarebbe confermato anche nel caso di un secondo semestre di stasi, è dello 0,7%, ma qualche segnale incoraggiante arriva per esempio dai numeri della produzione industriale di luglio (+0,4%): dalla spinta effettiva di questi elementi dipenderà il risultato finale in un’altalena di numeri ancora troppo ancorata allo “zerovirgola”.

Dal definitivo posizionamento dell’asticella del Pil per il 2016 e il 2017, oltre che dall’esito del confronto con la Ue sugli ulteriori margini di flessibilità utilizzabili, dipenderanno l’entità definitiva e, soprattutto, la composizione della manovra. Che al momento viaggerebbe attorno ai 23-26 miliardi. Le scelte finali saranno effettuate con la presentazione della Nota di aggiornamento del Def. Per quel che riguarda la dote da reperire, al momento i tecnici stanno lavorando a misure per 6-7 miliardi con la possibilità di salire a 8-9 miliardi.

Non più di 3-3,5 miliardi dovrebbero arrivare dalla “fase 3” della spending review anche per evitare ricadute recessive: il grosso sarà garantito dalla centralizzazione degli acquisti Pa mentre per i budget dei ministeri si procederà con un’ottimizzazione di tipo selettivo. Altri 2-2,5 miliardi dovrebbero essere contabilizzati, in versione una tantum, sotto la voce “voluntary bis”. Circa 0,5 miliardi potrebbero essere recuperati con altre misure fiscali (giochi, tabacchi e via dicendo). C’è poi il nodo tax expenditures: sulla base del lavoro della commissione Marè potrebbe scattare un primo mini-riordino per 0,5-0,7 miliardi concentrato sui bonus “superati” alle imprese salvaguardando gli sconti sul lato del welfare.

Queste risorse verrebbero in gran parte utilizzate per disinnescare le clausole di salvaguardia fiscali da oltre 15 miliardi insieme con una larga fetta del maggior deficit 2017 concordato con Bruxelles ad aprile (obiettivo attuale 1,85). La fetta restante e i nuovi spazi di flessibilità dovrebbe essere servire per coprire gli interventi in arrivo, in aggiunta al taglio dell’Ires già previsto dall’ultima Stabilità: pensioni (2 miliardi); pacchetto imprese, comprensivo di “Industria 4.0”, detassazione salario di produttività ed eventuale proroga light della decontribuzione sui neo-assunti (2-2,5 miliardi); istruzione-ricerca (0,5 miliardi); proroga bonus energetico e ristrutturazioni (0,2-0,3 miliardi); spese cosiddette indifferibili (1,2-1,5 miliardi). Il tutto al netto delle spese post-terremoto e per la sicurezza che il governo punta a svincolare dal Patto si stabilità europeo.

Ormai definiti, invece, i numeri del bilancio statale di quest’anno: ieri la Camera ha approvato l’assestamento, che passa ora al Senato.

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