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Italicum, le tesi tecniche a favore e contro il rinvio dell’esame

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Italicum, le tesi tecniche a favore e contro il rinvio dell’esame

Le stanze sono ancora vuote, a Palazzo della Consulta. E i pochi giudici di passaggio reagiscono con stupore alle notizie insistenti di un quasi scontato rinvio della decisione sull’Italicum, prevista per il 4 ottobre. Finora non se ne è parlato e per molti è un’assoluta novità, salvo per chi ha cominciato a ragionarci su. In teoria, la decisione potrebbe anche essere presa solo dal presidente Paolo Grossi e dal relatore Niccolò Zanon, ma è escluso che una questione così delicata non venga discussa da tutti i giudici, in camera di consiglio, forse già la prossima settimana. È ovvio, infatti, che un eventuale rinvio andrebbe deciso prima del 4 ottobre e non il giorno dell’udienza, salvo che le parti non lo chiedano e la Corte torni sui suoi passi.

Al momento, però, le quotazioni di uno slittamento del verdetto a dopo il referendum sembrano al ribasso, non foss’altro perché già ad aprile, quando venne fissata l’udienza del 4 ottobre, la Corte si pose il problema del raccordo o meno con la data della consultazione popolare ma decise di andare avanti per la propria strada, autonomamente, anche se il tam tam politico dava per certo che si sarebbe andati a votare il 15 ottobre. A Palazzo della Consulta l’agenda non subì cambiamenti, tant’è che allora fu il governo a ipotizzare un anticipo del referendum al 2 ottobre. Pertanto, se la Corte ha escluso un coordinamento prima, perché dovrebbe deciderlo adesso?

Certo, una motivazione ci sarebbe, e cioè l’obiettiva difficoltà di valutare l’Italicum (cioè il nuovo sistema elettorale della Camera) senza sapere quale sarà il sistema elettorale del Senato. Se infatti al referendum vincesse il «no», per l’elezione dei senatori resterebbe in piedi il cosiddetto Consultellum, ovvero il sistema elettorale emerso dalla sentenza con cui la Consulta bocciò il Porcellum. Il 4 ottobre, però, la Corte prenderebbe una decisione “al buio”, mentre c’è la necessità di garantire due leggi elettorali uniformi (per Camera e Senato), senza le quali verrebbe meno la governabilità.

Per non contraddirsi rispetto alla precedente decisione di non legare il proprio verdetto alla data del referendum, i fautori del rinvio fanno leva sul terzo ricorso alla Corte, proveniente dal Tribunale di Perugia, la cui ordinanza non è ancora stata pubblicata in Gazzetta ufficiale e, quindi, non è ancora arrivata a Palazzo della Consulta, dove sul tavolo ci sono soltanto quelle dei Tribunali di Messina e di Torino. Se la Corte ritenesse opportuno il rinvio, l’argomento tecnico utilizzato sarebbe probabilmente questo, cioè l’opportunità di riunire, per «ragioni economia processuale», l’ordinanza di Perugia alle altre due, così da avere un quadro più ampio delle contestazioni mosse all’Italicum. Una motivazione dietro la quale si nasconderebbe anche la motivazione più politica del raccordo con il referendum.

Ci sarebbe, infine, una terza, eventuale, giustificazione di un possibile rinvio, legata a un’iniziativa legislativa di modifica dell’Italicum. Non sarebbe la prima volta che la Corte, nell’ottica di una leale collaborazione istituzionale, faccia slittare una propria pronuncia perché la legge impugnata è oggetto di una proposta parlamentare di modifica. A maggior ragione se la proposta viene dal governo, come si vocifera da giorni a proposito dell’Italicum, sebbene finora le voci non si siano materializzate in un disegno di legge. Anche questa motivazione politico-istituzionale potrebbe essere sottesa a quella, ufficiale, di aspettare il ricorso di Perugia.

D’altro canto, proprio un’eventuale modifica dell’Italicum potrebbe invece portare alla conferma della data del 4 ottobre. Dalla decisione della Corte, infatti, potrebbero uscire indicazioni al legislatore, preziose e cogenti per correggere la rotta, evitando scontri politici al calor bianco.

Insomma, il capitolo rinvio è tutt’altro che deciso, ma se una decisione in tal senso dovesse essere presa, verrebbe verosimilmente giustificata con l’opportunità di aspettare l’ordinanza di Perugia e non con altre motivazioni di carattere politico.

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